ROMA, SCANDALO KIPOINT: PER POSTE E GOVERNO È TUTTA COLPA DEGLI IMPRENDITORI

L’Esecutivo di Matteo Renzi e Poste Italiane rispondono all’interrogazione del parlamentare pugliese Scagliusi (M5S) sul caso Kipoint, che ha visto fallimenti anche in Puglia, limitandosi a dare le colpe ai singoli commercianti che hanno investito nei punti vendita

Continua senza sosta la battaglia del deputato Scagliusi (M5S) al fianco degli ex affiliati KIPOINT, sul piede di guerra per veder riconosciuto il loro diritto al risarcimento. Ma sia Poste Italiane, con il suo Amministratore delegato Francesco Caio, sia il viceministro per lo Sviluppo Economico De Vincenti preferiscono non rispondere alle sollecitazioni, limitandosi ad addossare le colpe agli imprenditori, rei di non essere stati in grado di gestire al meglio i loro punti vendita. L’Ing. Caio, infatti, ha evitato di rispondere alle domande del deputato pugliese Emanuele Scagliusi (M5S), primo firmatario di una interrogazione parlamentare sul caso, sui danni causati da KIPOINT alle famiglie coinvolte. Poi è stata la volta del viceministro De Vincenti, il quale, a nome del Governo, si è limitato a motivare le numerose chiusure che hanno riguardato i punti vendita KIPOINT legandole all’insorgenza di problemi a carattere personale ed imprenditoriale dei singoli franchisee.

È da gennaio scorso che il deputato pugliese Scagliusi (M5S) si sta occupando del caso KIPOINT, la rete di negozi in franchising di SDA Gruppo Poste italiane che opera come centro servizi per spedizioni, servizi di imballaggio, invio fax, copisteria, stampa digitale, mailing e come rivenditore a catalogo di prodotti di cancelleria e cartoleria. Dopo la chiusura di oltre 100 franchisee tra il 2005 ed il 2010, tra cui solo in Puglia quasi il 50% di quelli aperti, gli ex affiliati hanno richiesto il risarcimento dei danni contrattuali ed extracontrattuali, dal momento che la società avrebbe ingannato gli aspiranti franchisee con una serie di messaggi di pubblicità ingannevole.

La resistenza di PosteShop è veramente inaccettabile – dichiara il deputato Emanuele Scagliusi (M5S) – Le informazioni ingannevoli sono chiarissime e dichiarate dall’AGCOM, la concorrenza sleale pure. Tra l’altro si continua a permettere che Poste Italiane sovvenzioni SDA Express Courier, controllata al 100% da Poste e a sua volta detentrice del 100% di Kipoint, che ormai da anni è cronicamente in grave default finanziario. E chi li paga i debiti? Poste Italiane, che già nel 2011, ha coperto con un ‘aiutino’ di 107 milioni di euro. Si, 107 milioni di euro di soldi pubblici”.

Sia nell’audizione informale tenuta dall’AD di Poste in Commissione Trasporti alla Camera sia nell’interrogazione a risposta immediata con il viceministro dello Sviluppo Economico De Vincenti in Commissione Attività Produttive, il deputato Scagliusi ha chiesto se fossero al corrente della situazione in cui versano più di un centinaio di famiglie che hanno riposto in KIPOINT i sacrifici di una vita. “Purtroppo sia Poste che il Governo hanno dimostrato, ammesso che ce ne fosse ancora bisogno, il loro disinteresse nei confronti dei cittadini e dei piccoli imprenditori. Addirittura, anche i dirigenti del gruppo Kipoint sostengono che le chiusure di molti punti vendita siano dovute a incapacità imprenditoriale. Io sostengo, invece, che l’incapacità era tutta nell’idea imprenditoriale così come è stata concepita. Basti pensare – commenta Scagliusi (M5S) – che sono stati chiusi anche i progetti pilota di Milano e Roma, gestiti direttamente dal gruppo Kipoint delle Poste italiane. Non mi è rimasto che ribadire l’estrema e immediata necessità che il Governo si prenda le proprie responsabilità e s’impegni a sollecitare Poste italiane ad aprire tavoli di trattativa per definire, anche a saldo e stralcio, le singole posizioni al fine di porre rimedio definitivamente a questo pasticcio, invece di fare orecchie da mercante ed ignorare le molteplici azioni e istanze. In questo modo, si potranno evitare problemi maggiori scongiurando il rischio, sempre più vicino per alcuni, di essere costretti a vendere la propria unica casa”.


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