ROMANO (SENSO CIVICO): URGE CAMBIARE REGISTRO E PROGRAMMARE REALMENTE IL FUTURO DELLA SANITA’ PUGLIESE CHE VADA OLTRE GLI SLOGAN, TRANQUILLIZZI LA POPOLAZIONE, GLI OPERATORI E LE PERSONE ABBISOGNEVOLI DI CURE

Una regola ferrea che la pandemia da covid19 ci ha sbattuto in faccia è che il sistema sanitario deve camminare su due binari e cioè la risposta alla cura e la prevenzione, ossia il monitoraggio costante delle popolazioni attive.

Molto attuale e spero da imitare, il dibattito che si è sviluppato nel consiglio comunale di Cisternino. Ricordo a me stesso che questa comunità fu l’unica che rispose positivamente alla chiusura dell’ospedale nel lontano 2011 accettando la sfida della riconversione in presidio territoriale. Solo dopo 7 anni la Regione ha licenziato il regolamento del Presidio Territoriale di Assistenza. Fu grazie all’intuizione di medici di base come il dr. Giovanni Canzio che nacque l’ospedale di comunità ancora prima che si regolassero le associazioni tra medici di medicina generale cui sarebbe andata la responsabilità della gestione del presidio territoriale.
Davvero antesignano il dr Canzio, sia nell’aver intuito che la cronicità non gravissima della popolazione anziana può avere una risposta deospedalizzata e sia per essere riuscito a mettere insieme più medici di base di un’intera comunità. Una risposta che, laddove realizzata, ha contribuito a decongestionare i reparti di geriatria e medicina; le patologie geriatriche al Perrino di Brindisi avevano un ricovero in altri reparti pari ad oltre la metà dei posti letto del reparto.
La pandemia in Puglia ha riportato queste esperienze di medicina territoriale nelle reti ospedaliere come post covid fin quando saremo in emergenza.
E dopo l’emergenza pandemica cancelliamo un sistema sanitario capace di contrastare altri pericoli pandemici per la popolazione? Incominciamo daccapo?
Giusta e condivisibile la riflessione avanzata in un intervento in quel dibattito consiliare: riattivate ed anzi potenziate l’ospedale di comunità, soprattutto in previsione dei picchi influenzali cui le pluripatologie geriatriche si espongono dalla stagione autunnale in poi. Le risorse finanziarie straordinarie che stanno arrivando per la sanità devono potenziare e completare anche in diagnostica la rete ancora sulla carta dei Presidi Territoriali di Assistenza
Vanno assegnati altri fondi e velocizzate le gare appese da anni per i PTA. E i reparti post covid? L’esperienza fatta deve pur servire a qualcosa e l’esperienza ci dice che non c’è un luogo sanitario del sistema che non è stato intaccato dal contagio; sia luogo pubblico (gli ospedali) che accreditato (rsa, rssa ecc). Se vogliamo dirla tutta, ho l’impressione che sia stato il sistema pubblico ad aver sottovalutato la concentrazione delle pluripatologie della popolazione anziana ricoverata in queste strutture.
In Puglia la rete delle strutture sanitarie e del welfare ha retto bene ed ha assorbito la domanda con enormi sacrifici; i grandi numeri dicono questo avvalorati dal tasso di mortalità di questa popolazione comparato con quello del corrispondente periodo dell’anno precedente. Le eccezioni consumate in termini di contagiosità nel pubblico e nel sistema autorizzativo e di accreditamento, confermano sempre la regola. Oggi la rete sanitaria e del welfare, come ho già avuto modo di scrivere e di dire personalmente a chi di competenza, è in grande sofferenza finanziaria ed è sull’orlo del fallimento proprio perché, senza certezze e garanzie, ha mantenuto il personale pur in presenza del crollo dei ricoveri per una interpretazione restrittiva del DPCM corrispondente.
Allora il “che fare” di antica memoria è attuale: un atteggiamento punitivo e sordo che aderisce alla selezione naturale di mercato del sistema cancellando con un colpo di spugna esperienze di presa in carico che, se corrette, rimangono utilissime oppure, visto che gli aiuti a vario titolo richiesti stanno trovando ristori necessari, aiutarle con garanzie e certezze di superamento delle difficoltà. Insisto perché, oltre al danno occupazionale si provocherebbe colpevolmente un danno all’intera rete regionale. Il problema è di modello organizzativo e non di struttura. Obblighiamo alla definizione di percorsi sporco pulito, definiscano percorsi indipendenti covid e nocovid, verifichiamo attraverso i dipartimenti di prevenzione la idoneità delle strutture e potenziamo la presa in carico sanitaria nelle strutture (la presa in carico del paziente ricoverato in capo al suo medico di base non va bene, come anche il risibile numero di ore come presenza del medico nella struttura).
Abbiamo parlato di tutto ciò per tre anni consumando ore ed ore di audizione, ma ci mancava sempre un euro di bilancio per spiccare il volo, così almeno certificano gli uffici regionali rispetto agli adeguamenti delle rette. La collocazione del post pandemia in queste strutture risponde ad una programmazione sanitaria attrezzata alla pandemia. Questo, e solo questo, consentirebbe al sistema di impegnarsi, ma per davvero, a costruire la rete di medicina territoriale che è la enorme criticità palesata da questa incredibile vicenda; criticità che si è spalmata su tutto il territorio nazionale, anzi è stata più marcata proprio laddove pensavamo di aver costruito l’eccellenza sanitaria nel mondo. Si, ha ragione qualche consigliere di Cisternino; urge cambiare registro e programmare per davvero il futuro della sanità pugliese che vada oltre gli slogan, tranquillizzi la popolazione, gli operatori e le persone abbisognevoli di cure.


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