Aperta la pagina Facebook “Adelio Bocci libero”

Giovanni Bocci, tecnico specializzato, non può più vedere il suo bimbo  di sette anni portato via dall’Italia nel 2015 dalla mamma kazaka condannata nel nostro Paese per sottrazione di minori

Adelio e Giovanni Bocci

E’ online da qualche giorno la pagina Facebook “Adelio Bocci libero”, fortemente voluta da Giovanni Bocci, tecnico specializzato brindisino e papà del bimbo rapito dalla mamma kazaka esattamente cinque anni fa.

Adelio Bocci è un bimbo nato a Taraz (Kazakhstan) il 15 Settembre 2013, con passaporto rilasciato dalla Repubblica italiana il 23 Aprile 2015, perciò cittadino italiano a tutti gli effetti.  Nell’ottobre del 2015, dopo due anni di permanenza a Brindisi, il bambino viene sottratto dalla madre, Aigul Bolatovna Abraliyeva dalla casa dove vivevano e trasferito senza alcuna autorizzazione del padre.

Voglio che mio figlio torni ad essere un bambino libero – spiega Giovanni Bocci – con tutti i diritti che hanno i bambini della sua età. Per questo dopo cinque anni ho voluto aprire una pagina Facebook per raccontare e condividere la mia storia, con la speranza che finalmente possa concretizzarsi qualcosa: io voglio tornare a fare il papà”.

Per questi fatti, il Tribunale di Brindisi, con sentenza n. 368/2017, ha condannato Aigul Abraliyeva alla pena di 2 anni di reclusione (senza condizionale) e alla sospensione della responsabilità genitoriale per il delitto di cui all’art. 574 bis c.p. con condotta perdurante dal 29 Ottobre 2015. Tale sentenza è irrevocabile dal 2 Marzo 2017 e resa esecutiva. A gennaio del 2018, Il Ministero della Giustizia Italiano ha disposto un mandato di cattura internazionale nei confronti della signora Abraliyeva, e sempre su disposizione del Ministero l’Interpol ha emesso una “red notice”, cioè una segnalazione rossa con richiesta di rintracciare la donna, mentre nei confronti del piccolo è stata emessa una “yellow notice” come bambino scomparso.

Da cinque anni – conclude Bocci – riesco a vedere Adelio solo grazie a qualche video chiamata con cui ho potuto riscontrare che il piccolo non gode della dovuta assistenza e del dovuto sostegno: non possiamo più restare fermi …”.


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