“C’è un grave scollamento tra governo centrale e realtà territoriali che si manifesta, ad esempio, quando alcuni ministri sminuiscono l’apporto del trasporto locale o della scuola alla pandemia o sottovalutano le ripercussioni di alcuni provvedimenti sul tessuto sociale e produttivo”.
E’ quanto rileva Domenico Mamone, presidente dell’Unsic, sindacato datoriale ramificato in tutta Italia. “Dalle nostre tremila sedi territoriali la denuncia è unanime: dall’alto manca l’ascolto alle istanze locali – continua Mamone. “Alcuni provvedimenti adottati con il Dpcm denotano proprio un dialogo governativo limitato alle Regioni e a qualche organizzazione di rappresentanza: mentre, sul territorio, sanità, scuole e uffici vivono un caos quotidiano, accentuato dalla burocrazia”.
L’Unsic ricorda, ad esempio, di aver espresso già ad agosto i timori per la riapertura delle scuole superiori dal 14 settembre. “Oggi ricerche internazionali, come quella di Edimburgo, e recenti studi, come quello di Bucci-Viola, ci stanno dando ragione. Avevamo proposto di far partire le superiori a fine ottobre, recuperando il mese a giugno e di adottare da subito la didattica a distanza, investendo in nuove tecnologie e formazione per i docenti anziché negli inutili banchetti, tra l’altro molti non ancora consegnati. Oggi una scuola che non funziona è la croce di docenti, genitori e studenti”.
Il sindacato rileva, però, anche l’assenza di soluzioni oggettive da parte dei partiti di opposizione, chiusi nella protesta, e indica proprio nell’ambito locale la ricerca di soluzioni. “La riduzione dei contagi passa per la medicina territoriale, per il rafforzamento delle Asl anche con operazioni di sburocratizzazione, per il contact tracing, per interventi mirati, per lo smart working, per le scuole in Dad. Tutto ciò che, purtroppo, non è stato fatto da maggio ad oggi, con il governo che sta inseguendo il virus. Aprirsi maggiormente ai territori è ormai una necessità incontrovertibile per attenuare la gravità della situazione”.