Un cavillo giuridico assegna le aree circostanti la spiaggia di Saint Bon ad una società privata impedendo l’accesso ai lavoratori!
Fuori le famiglie con redditi bassi per costruire un villaggio turistico!
E’ rivolta tra le famiglie degli oltre 10.000 dipendenti civili e militari del Ministero della Difesa a Taranto dopo la sentenza di appello che, con un cavillo, ha ribaltato la sentenza di 1° grado, assegnando le aree di pertinenza della spiaggia di Saint Bon, e che ne consentono l’accesso, ad una società privata.
Di seguito i fatti nella loro cronologia che, per amore della verità storica, supportiamo allegando le sentenze dei due gradi di giudizio:
l’Ops del personale civile denominato “stabilimento balneare Saint Bon di Taranto”, costituisce il più importante organismo di protezione sociale del territorio ionico, garantendo a migliaia di famiglie di lavoratori di usufruire della struttura a prezzi contenuti;
Il terreno attiguo lo stabilimento, denominato “ex Deposito di Saint Bon”, è stato interessato da un preliminare di vendita con una società privata- la Domus Srl- nell’ambito della dismissioni degli immobili, affidato nel 2003 alla Consap Spa per conto del Ministero della Difesa
Con atto di citazione del 25.05.2005 la Domus s.r.l. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Lecce, il Ministero della Difesa (che aveva negato la definizione del preliminare per gli errori evidenziati nella consistenza ed individuazione dei beni) chiedendo l’emissione di sentenza per la conclusione del contratto di vendita, richiesta che il Tribunale respingeva accogliendo la tesi del Ministero;
Con la sentenza n 19/21 pubblicata il 20/01/2021 la Corte di Appello di Lecce ha, invece, accolto la tesi della società privata disponendo l’esecuzione del trasferimento dell’intero complesso immobiliare, con la motivazione che la nota di rettifica sulla errata consistenza ed identificazione dell’immobile fosse stata avanzata da Maridipart Taranto e non direttamente dal Ministero.
La sottrazione delle aree erroneamente messe in vendita, impedendo finanche l’accesso allo stabilimento, integrerebbe ora la scomparsa dell’Organismo di Protezione Sociale e priverebbe migliaia di famiglie, e l’intera città, del godimento di un bene di utilità pubblica a favore di una società privata che, secondo quanto letteralmente riportato dal giudice di 1° grado, “programmò la realizzazione di un complesso turistico alberghiero di notevole livello e di vaste dimensioni”.
Nel richiamare l’attenzione di chi ha il compito di vigilare sull’ambiente, sul rispetto dei vincoli paesaggistici e naturali, invitiamo le istituzioni a non fare sconti a nessuno e ad adoperarsi per rendere libero l’accesso ad una spiaggia che è un bene demaniale non disponibile, inalienabile e che non può essere occupato abusivamente né può diventare spiaggia “privata”, come l’acquiescenza di qualcuno ha permesso di realizzare in questi anni lungo la litoranea, ma su cui pretenderemo ora di fare piena luce.
Ma il carattere abnorme della vicenda, gli interessi pubblici coinvolti e la sua evoluzione opaca richiedono un impegno straordinario: il Ministero della Difesa lo deve alla sua componente più debole e con sempre meno tutele, ai dipendenti civili, alle loro famiglie con redditi più bassi e ad un intera comunità che non comprenderebbe un diverso finale.
Nel rispetto dei vincoli dell’emergenza sanitaria i lavoratori e le loro famiglie saranno chiamati a mobilitazioni pubbliche e continue di protesta, che impediscano il consumarsi di una grave ingiustizia ai loro danni.