Carlo Lucarelli e il Maestro Sandro Chia per il Calendario Storico dell’Arma dei Carabinieri 2022
Presentato il prezioso calendario da collezione insieme all’Agenda 2022 e ad altri prodotti editoriali dei Carabinieri
Presentato il Calendario Storico dell’Arma dei Carabinieri 2022 che celebra i duecento anni del primo Regolamento Generale dell’Arma. Il Comandante Generale, Gen.C.A. Teo Luzi, nel pomeriggio odierno, ha voluto svelare al grande pubblico l’ormai atteso prodotto editoriale. A presentare l’opera realizzata dal Maestro Sandro Chia e lo scrittore Carlo Lucarelli, nella splendida cornice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, erano presenti il giornalista e conduttore televisivo Tiberio Timperi e la conduttrice televisiva, Daniela Ferolla.
Il Calendario prosegue il cammino intrapreso due anni fa continuando ad arricchire racconti di narrativa contemporanea con pregiate tavole di maestri della “transavanguardia”. Il talento dello scrittore Carlo Lucarelli accompagna i lettori, mese dopo mese, con narrazioni ispirate dall’evoluzione dello storico Regolamento, che risale al 1822, e da allora immutato nei valori ma sempre aggiornato con integrazioni susseguitesi in questi due secoli. La penna del celebre giallista si sofferma di volta in volta su episodi ambientati lungo il corso degli ultimi 200 anni nei quali il Regolamento si manifesta come chiave di volta non solo per l’organizzazione dell’Arma ma per la sua perfetta integrazione nella società. Storie di vivere comune assurgono a riferimenti valoriali mostrando come i concetti espressi nello storico documento si incarnano nel quotidiano agire dei Carabinieri. È da questo paradigma che si declinano gli avvincenti racconti di Carlo Lucarelli che si fondono in un unicum quasi inscindibile con le straordinarie opere del Maestro Sandro Chia.
Ne scaturisce un percorso narrativo che si snoda tra i doveri e le responsabilità dell’essere Carabiniere, dove il militare è presenza tra e per le persone, attraverso immagini che generano un racconto fatto di luce, di colori tenui, di ritmi grafici soavi.
Colori e sagome differenti di volti, disegnano l’espressione moderna, multiforme, multiculturale e multietnica della società con tutto il carico emotivo di passione, dolore, di gioie, di delusioni, di ambizioni e di speranze.
Anche quest’anno con questo esclusivo Calendario Storico, l’Istituzione offre un insieme di emozioni coinvolgenti e appassionanti da donare al lettore in ciascuna singola pagina, ove ogni carabiniere rappresentato esalta e racchiude quelli del passato, del presente e del futuro.
Il notevole interesse da parte del cittadino verso il Calendario Storico dell’Arma, oggi giunto a una tiratura di quasi 1.200.000 copie, di cui oltre 16.000 in nove altre lingue (inglese, francese, spagnolo, tedesco, russo, giapponese, cinese e arabo, nonché in lingua sarda), è indice sia dell’affetto e della vicinanza di cui gode la Benemerita, sia della profondità di significato dei suoi contenuti, che ne fanno un oggetto apprezzato, ambito e presente tanto nelle abitazioni quanto nei luoghi di lavoro, quasi a testimonianza del fatto che “in ogni famiglia c’è un Carabiniere”.
Iniziata nel 1928, la pubblicazione del Calendario, giunta alla sua 89^ edizione, dopo l’interruzione post-bellica dal 1945 al 1949 venne ripresa regolarmente nel 1950 e da allora è stata puntuale interprete, con le sue tavole, delle vicende dell’Arma e, attraverso di essa, della Storia d’Italia. Oltre al Calendario, è stata pubblicata anche l’edizione 2022 dell’Agenda, che attraversa le espressioni pittoriche delle maggiori tradizioni stilistiche sino al fumetto. Un viaggio di due secoli che raffigura l’Arma, ma al tempo stesso l’Italia, perché il metro condiviso è sempre quello di leggere il Carabiniere presente nel territorio. All’interno l’elaborato è stato arricchito con cinque contributi, che descrivono il rapporto tra i Carabinieri e la loro rappresentazione. Ogni singolo autore si è dedicato a tratteggiare differenti aspetti: lo storico d’arte Prof. Claudio Strinati ha voluto raccontare i diversi stili con cui è stato ritratto il militare dell’Arma negli ultimi due secoli; il Gen.C.A. Carmelo Burgio ha descritto il protagonismo dei Carabinieri all’interno del fumetto, partendo dalla diffusione in Italia di quest’ultimo; l’intellettuale Luca Crovi ha ideato un racconto di fantasia collegando tra loro le rappresentazioni di appartenenti alla Benemerita presenti su alcune opere artistiche di differenti stili; l’artista Michelangelo Pistoletto ha interpretato la propria opera “Carabinieri”, di cui nell’Agenda appare un prezioso dettaglio; nel cuore del taccuino i lettori troveranno anche una interessante sintesi dei capolavori raccolti all’interno del Museo Storico dell’Arma. Altre due opere completano l’offerta editoriale:
– Il Calendario da tavolo, dedicato al tema Carabinieri… persone e territorio, racconta in simboliche fotografie il cambiamento del tessuto sociale nelle aree interne del Paese e del loro lento ma inesorabile spopolamento. Territori in cui spesso gli unici presidi di prossimità dello Stato sono la Stazione Carabinieri e il Municipio. A questa narrazione iconografica si affiancano immagini di alberi monumentali presenti nel nostro territorio, silenziosi testimoni delle mutazioni
storiche. L’intero ricavato della vendita di questo calendarietto da tavolo è devoluto all’Opera Nazionale di Assistenza per gli Orfani dei Militari dell’Arma dei Carabinieri. – Il Planning da tavolo dedicato allo Squadrone Eliportato Cacciatori raccoglie le peculiarità di questo importante Reparto e la storia delle loro origini nelle differenti regioni ove tutt’oggi sono presenti. Per la prima volta l’opera rivolge la propria attenzione anche ai più piccoli con un breve racconto di fantasia al suo interno ideato e scritto dal Magg. Margherita Lamesta. L’intero ricavato della vendita di questo planning verrà devoluto all’ospedale pediatrico “G. Di Cristina” di Palermo, un punto di riferimento per le cure dei bambini di tutto il Sud Italia e non solo. L’evento è stato cornice anche della presentazione del nuovo sito dell’Arma dei Carabinieri www.carabinieri.it profondamente rinnovato grazie alla nuova interfaccia interattiva di tipo
responsive, indispensabile per una corretta fruizione dei contenuti anche su dispositivi mobile, oggi principali canali di consultazione dei siti web. Il progetto ha inteso così definire un nuovo concept, aderente ai moderni strumenti di comunicazione e che migliora gli obiettivi di comunicazione dell’Istituzione. Grazie al nuovo sito, l’Arma intende posizionarsi ancora di più a fianco dei cittadini, grazie ad una nuova e più accogliente homepage, dotata di nuovi menù completamente riorganizzati secondo un nuovo stile, frutto di un’attenta e accurata analisi delle esigenze di comunicazione e delle preferenze di ricerca degli utenti. Cambia il sito www.carabinieri.it, ma non cambia il nostro obiettivo: #PossiamoAiutarvi
Prefazione del Calendario Storico 2022 del Il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri
Generale di Corpo d’Armata Teo Luzi
Duecento anni fa eravamo già nati. Non lo era l’Italia, così i Carabinieri prestavano servizio nelle poche Regioni governate dai Savoia. Lo spirito che ci animava, oggi è lo stesso di allora. Lo possiamo ritrovare nel primo Regolamento Generale, che risale appunto al 1822. Due secoli in cui sono state aggiornate le disposizioni, le procedure, la forma, ma non è cambiata – perché non può cambiare – la sostanza del nostro agire. Essere al servizio degli Italiani! I Carabinieri hanno accompagnato la storia della Nazione e la quotidianità dei cittadini, sempre ispirati ai migliori valori dell’Italia: solidarietà, laboriosità e impegno, valori che connotano l’identità nazionale e che qualificano l’aggettivo “italiano” nel mondo.
Abbiamo provato a esplorarli sfogliando le pagine di quel vecchio Regolamento, che si vuole ispirato anche a precetti religiosi. Frugando tra i compiti che già al tempo svolgevamo, all’indomani del Congresso di Vienna e della Restaurazione dei sovrani europei spodestati, abbiamo scoperto l’attualità di un passato all’apparenza tanto remoto.
Le scorte d’onore che nel 1848 ci hanno visti salvare il Re sul campo di battaglia rimandano direttamente al quotidiano impegno dei Corazzieri preposti alla tutela del nostro Presidente. L’uso dell’abito civile per condurre «una operazione secreta» richiama alla mente gli “invisibili” del ROS, che catturano i latitanti agli antipodi sul pianeta o riescono a pedinare per settimane, senza farsi scoprire, un sospetto terrorista.
L’elenco potrebbe continuare, come si snodano di mese in mese i passi normativi che qui riportiamo e la loro trasposizione pittorica e narrativa. Attraversano il Risorgimento, l’Unità d’Italia, le guerre e la ricostruzione. Sfiorano temi di primaria importanza come la salute, l’ambiente, lo sport, gli umani sentimenti. Non mancano i riferimenti al cinema e alla letteratura, da Pane, amore e fantasia
di Vittorio De Sica ai Racconti del Maresciallo di Mario Soldati.
A ricomporre la trama ci hanno aiutato due artisti straordinari. Traendo spunto dalle scarne righe dei Numeri del Regolamento scelti per questa rassegna, la capacità d’invenzione dell’emiliano Carlo Lucarelli ha composto racconti suggestivi e densi di significato. Uno scrittore straordinario – e non fa solo quello! – che ha saputo spaziare con la sua penna dall’Eritrea di fine Ottocento al Ventennio, fino ai giorni nostri, tratteggiando figure della Benemerita come il capitano Colaprico di alcuni bei romanzi, sempre affiancato dal buluk-bashi Ogbà.
I disegni, i volti, i colori, sono quelli di un grande Maestro della pittura contemporanea. Con Sandro Chia, un talento che dalla natia Toscana lo ha portato negli Stati Uniti e lo ha fatto conoscere nel mondo, chiudiamo il cerchio di una trilogia dedicata alla Transavanguardia, una scuola che ha aggiornato l’affermazione italiana in un campo che ci ha visti sempre protagonisti.
Un Calendario storico dev’essere, come quello dell’Arma dei Carabinieri, un’opera d’arte, in un Paese che è un museo a cielo aperto, possiede un patrimonio culturale senza pari e vanta il numero più elevato di siti tutelati dall’UNESCO.
La creatività è nel DNA nazionale e l’Arma, che fin dal 1822 ha adottato precise regole per servire i cittadini, si è affermata nei secoli quale parte integrante della nostra “italianità”. Dai compiti scolpiti negli assunti regolamentari a un lavoro incessante, a un duro sacrificio, il passo è stato breve. E le “avventure” che leggerete in queste pagine, mirabilmente illustrate, pescano tutte dalla Storia. È una storia che non intende fermarsi, nemmeno a dirlo. Verranno altri scrittori, altri pittori. Verranno altri Carabinieri!
GENNAIO
REGOLAMENTO GENERALE DEL CORPO DEI CARABINIERI REALI, 1822. N. 11.
… ogni individuo ammesso al servizio dell’Arma dovrà prestare il giuramento prescritto all’art. 5 del detto regolamento, ed aver sempre presente che la menoma mancanza ad un impegno così sacro lo renderebbe spergiuro, e lo coprirebbe d’infamia.
RIVAROLO, GENNAIO 1836.
“Ma chi ce lo fa fare?” ringhiò l’appointé, tra i denti. Aveva appena evitato con un salto un getto di urina rovesciato da un pitale fuori dalla finestra, e un attimo prima il brigadiere era stato mancato per un soffio dalla rosata di pallini sparata attraverso la porta. Il taglialegna aveva chiuso in casa tutta la famiglia ed era disposto a difenderla come un fortino. Non importava se la moglie non riusciva a stare in piedi e il figlio era a letto divorato dalla febbre, a quella cosa, lui, a quel cholera, non ci credeva. Tutte bugie, del Re e del Governo. L’avevano già avuta altre volte, la febbre, e l’aveva sempre curata a modo suo.
“Siamo qui per aiutarli e questi ci sparano addosso, chi ce lo fa fare?”. Ma era solo uno sfogo, perché lo sapevano benissimo, sia lui che il brigadiere, chi glielo faceva fare. La fiamma della granata sul cappello, la nappa azzurra, le bande lungo i calzoni e gli alamari sul colletto, che si sentiva cuciti sulla pelle anche quando non portava l’uniforme.
Il brigadiere si scostò dal muro e fece un passo dentro la casa. Il taglialegna aveva già ricaricato il fucile, ma quel gesto era stato così improvviso che l’aveva colto di sorpresa. Per un momento si chiese perché quell’uomo stesse lì, davanti a lui, inerme, col rischio di prendersi una schioppettata nella pancia. Chi glielo faceva fare, e il dubbio gli ammosciò il dito sul grilletto. Perché tra il ventre del sottufficiale e la canna del fucile c’erano soltanto il panno turchino scuro della giubba e il cuoio bianco della bandoliera, e se uno rischia la pelle così forse c’è un motivo.
Così abbassò il fucile e si fece da parte e lasciò entrare l’appointé e gli altri Carabinieri Reali che seguendo le istruzioni dei medici portarono via i malati, all’ospedale.
Il brigadiere aspettò che tornassero, e intanto guardava la casa del carbonaio, che spiccava più in alto, sulla montagna. Anche lì c’era una porta sbarrata con dietro un fucile. Ma anche una famiglia che stava morendo di colera.
Sarebbe riuscito a convincere anche loro.
Febbraio
REGOLAMENTO GENERALE PER L’ARMA DEI CARABINIERI, 1963. N. 124.
I carabinieri concorrono, infine, con i competenti organi doganali e con le guardie di finanza, nei servizi di prevenzione e repressione del contrabbando.
TRIESTE, FEBBRAIO 2018.
Sono una mamma e sono un carabiniere.
Da quattro anni presto servizio presso gli scali ferroviari e da uno sono in forza a quello di Trieste. Da carabiniere forestale mi occupo di tante cose, tutela dell’ambiente, smaltimento illecito dei rifiuti, protezione di parchi e foreste, ma quella cui tengo di più è la lotta al traffico illegale di animali.
Vabbè, ma non è mica droga, mi ha detto una volta qualcuno, a cui ho spiegato, pazientemente, che ogni centesimo che va nelle mani della criminalità organizzata è un problema per tutti, che i maltrattamenti sugli animali sono altrettanto odiosi di quelli sulle persone, e che un cucciolo, per esempio, non vaccinato è un pericolo per la famiglia in cui finisce. E se si ammala e muore spezza il cuore del bambino, sempre per fare un esempio, che lo ha adottato.
Come mamma, invece, sono ancora una novellina, perché presto servizio, diciamo così, da sei mesi, da quando è arrivato Fabio. Ci incastriamo bene con i turni, io e mio marito, che è un informatico e lavora spesso da casa, e non c’è stato bisogno di prendere un congedo per maternità.
Sarò anche una novellina, come mamma, ma sono brava.
E infatti stavamo quasi per lasciarlo passare quel container che veniva dalla Slovenia, con quella cassa dal sottofondo così nascosto, così insonorizzato che quasi era impossibile avvertire il guaito dei cuccioli. Cinque, disidratati e spaventati, salvati all’ultimo minuto.
Sono io che li ho sentiti, perché ho l’udito allenato a percepire il più piccolo rumore di Fabio, quando dorme nella sua cameretta: sento il suo respiro nel sonno, attraverso il walkie talkie, e se appena accenna a piangere sono già di sopra prima ancora che abbia fatto un vagito.
Che, davvero, sembra quello di un cucciolo.
Dopo aver arrestato l’autista, mentre portavo i cagnolini dal veterinario, ne ho scelto uno, il più piccolo, il più tenero, da adottare per Fabio.
Perché sono un carabiniere forestale, e anche una mamma.
MARZO
REGOLAMENTO GENERALE PER L’ARMA DEI CARABINIERI, 1963. N. 154.
I carabinieri, se vengono a conoscenza, nelle loro perlustrazioni o pattuglie, della presenza di persona che debba essere arrestata, debbono prontamente ricercarla per assicurarla alla giustizia.
San Donato Milanese, 20 marzo 2019.
Se fosse un film gli autori comincerebbero da qualche ora prima, in modo da costruire il personaggio, perché dire soltanto che lui è quello che risponde al telefono non basta.
Allora lo vedremmo fare colazione con la famiglia e i bambini. No, aspetta, grande idea: i bambini stanno con la moglie, è separato, e infatti ne sente la mancanza. Sì, funziona. Dà profondità emotiva al personaggio.
Allora facciamo che poco prima ha sentito al telefono il più grande, che ha tredici anni, nostalgia e rimpianti, e ora, alla Centrale Operativa, sta parlando con un ragazzo che ha chiamato il 112 e dalla voce dimostra più o meno l’età del figlio. Bene, benissimo.
Il ragazzino, però, gli ha detto una cosa. Ha detto: chiama qualcuno, non è un film questo.
E infatti non è un film, è la realtà. L’autista di uno scuolabus è impazzito e ha preso in ostaggio una cinquantina di studenti delle medie con due professori, ha un coltello, ha versato della benzina sul pavimento e sta correndo in direzione di Linate. I ragazzi sono riusciti a nascondere un cellulare e hanno chiamato i carabinieri.
Non è un film questo.
Di colpo la forza drammatica della realtà azzera tutti gli artifici della finzione. Profondità emotiva, background del personaggio, ce n’è già abbastanza in un uomo in divisa che ascolta la voce terrorizzata di un ragazzino e ha pochi secondi per decidere. Voci confuse come sempre succede in un pullman di studenti, che fanno proprio scherzi come quello. Ma stanno parlando forte per coprire la telefonata, non è uno scherzo, lui l’ha capito, e ha già inviato una pattuglia sul posto, poi un’altra e un’altra ancora. Perché bisogna agire, coordinare, e subito.
Così i carabinieri bloccano l’autobus, salvano studenti e professori e arrestano l’autista, e questa storia che avrebbe potuto finire malissimo invece finisce bene.
Perché chi risponde al telefono, e resta lì a seguire le azioni dei colleghi anche se avrebbe una gran voglia di essere lì con loro e non solo a voce, deve avere la grande, meravigliosa capacità di capirlo subito che quello non è un film.
APRILE
REGOLAMENTO GENERALE DEL CORPO DEI CARABINIERI REALI, 1822. N. 218.
Appartengono al servizio straordinario le scorte d’onore, o sicurezza.
Pastrengo, 30 aprile 1848
Tre volte pensai che sarei morto, quel giorno.
La prima fu quando passammo di slancio il bordo della collina, ancora curvi sulle groppe dei cavalli, le bocche nostre sulle criniere, a spronarli con la voce.
Eravamo l’avanguardia dell’avanguardia, e dietro avevamo il Re con tutto lo Stato Maggiore, perché Sua Maestà voleva vedere la battaglia. Così, per non aver sorprese, il Maggiore Di Sanfront ci spedì avanti in un drappello, e fece bene.
Appena oltre il ciglio fummo investiti da una scarica di fucileria. Erano gli austriaci delle brigate tirolesi sbucati fuori da chissà dove. Il mio aveva il moschetto già puntato e feci appena in tempo a scartare di fianco, così curvo che la palla mi scivolò sulla bandoliera. Mi ruppe la clavicola, ma sul momento, accecato dal fumo della polvere da sparo, non me ne accorsi.
La seconda arrivò subito dopo.
Perché mentre il cavallo mio si imbizzarriva girando sulle zampe di dietro come in un valzer, io vidi Sua Maestà Carlo Alberto sorpreso e scoperto qualche metro più sotto, e come me anche gli austriaci, che avrebbero potuto ucciderlo, o catturarlo.
Fu allora che sentii la voce del maggiore che gridava la carica, e quella dei luogotenenti e dei marescialli, e la urlai anch’io, ma la clavicola rotta mi trattenne la mano sull’elsa della sciabola, e intanto il mio austriaco stava già infilando una palla nuova nella canna e mentre pensavo che adesso sarei morto strinsi le ginocchia attorno ai fianchi del cavallo e glielo lanciai contro, quattrocento chili di sauro dalle narici fumanti e la bocca spalancata.
Eravamo 280, noi carabinieri degli Squadroni di Guerra posti alla protezione del Re, ma ci tirammo dietro tutto il fronte e quel giorno vincemmo la battaglia.
La terza volta che pensai di morire fu quando mi presero giù da cavallo perché allora lo sentii forte il male dell’osso spaccato.
Se guardate i quadri che poi si fecero sulla Carica di Pastrengo, vedrete un carabiniere con i baffi che tiene la sciabola puntata verso il basso. Quello sono io, che più di così non la potei alzare.
MAGGIO
REGOLAMENTO GENERALE PER L’ARMA DEI CARABINIERI, 1953. N. 334.
L’assistenza dell’Arma alle feste, fiere e mercati mira ad assicurare la tutela dell’ordine, della sicurezza e dell’incolumità pubblica …
San Petrano, maggio 1953.
Mio padre era il maresciallo di “Pane, Amore e Fantasia”.
Non Antonio Carotenuto, che è un personaggio immaginario, e neanche il grande Vittorio De Sica, che interpreta il film di Comencini.
Mio padre comandava la stazione dei carabinieri di San Petrano, un piccolo paese identico alla Sagliena che fa da sfondo alla storia, e che a sua volta si ispira a Palena, il paese dello sceneggiatore Ettore Margadonna.
C’è un altro personaggio, nel film quello di Pizzicarella la Bersagliera, interpretato da Gina Lollobrigida. Ispirato ad una persona realmente esistita, Lucia Travaglini, detta Lucietta Bella per la sua esuberante avvenenza, che si innamorò di Pietro, il ragazzo più povero del paese, col quale emigrò in America. L’ultimo dei sette figli di Lucietta e Pietro Como è Perry Como, una delle voci più belle della canzone americana alla Frank Sinatra. Quanta verità in un film.
Appena uscì nelle sale andai a vederlo con mio padre, che sorrideva, in quel suo modo contagioso, che metteva allegria. Mi raccontò di una cosa che gli era successa, qualche anno prima, quando si corteggiavano le ragazze con le serenate notturne. Il problema è che ad aspirare alla mano della stessa ragazza c’erano due giovani, uno appartenente ad una famiglia ricca e prepotente, l’altro no. Avevano organizzato le loro serenate per la notte della Festa del paese, e il giovane prepotente aveva minacciato l’altro: non tenesse la sua o gli amici lo avrebbero impedito. Anche con la forza.
Quella notte, sotto casa della ragazza c’erano le due compagnie, e anche mezzo paese per quello che mio padre aveva chiamato il Festival di San Petrano. E in un angolo, con il suo sorriso, c’era lui. Ovviamente vinse il ragazzo che non era un prepotente, già il prescelto della ragazza.
Mio padre era così. Diceva che spesso, per risolvere i problemi, gli bastavano due cose: la divisa e il suo sorriso.
È vero, e io lo so bene.
Sono diventato maresciallo, comando la stazione di un piccolo paese e quelle sue armi, divisa e sorriso, spesso le uso anch’io.
GIUGNO
REGOLAMENTO GENERALE PER L’ARMA DEI CARABINIERI, 1963. N. 152.
La ricerca incessante dei catturandi deve essere una delle principali cure dei carabinieri. Perché tale ricerca abbia buon esito nulla deve essere trascurato: né le accorte informazioni, né la continua vigilanza sui luoghi frequentati, né le sagaci indagini su chi possa occultarli, favorirli o tener loro mano.
Carini, giugno 2003
Sono così belli che fanno venire voglia di sorridere. Chiunque, anche gli automobilisti in coda per i lavori sulla statale, non importa, sono così meravigliosi che strappano un sorriso.
Seduti sul muretto tra i fichi d’india, mano nella mano, si guardano con gli occhi dell’amore. Neppure l’elicottero che gira nel cielo sembra disturbarli.
Lui le scosta un ciuffo biondo che le è sceso sulla fronte. Dice: “Pensa che mia moglie la conosco dalle elementari. Siamo stati prima fidanzatini, e poi fidanzati. Ci siamo sposati due mesi fa. Sta a Bergamo, finito il servizio in Sicilia dovrebbero avvicinarmi”.
Lei gli prende anche l’altra mano. Dice: “Io ho conosciuto Massimo ad un campionato dell’Arma. Lui fa triathlon, io ero nella squadra di tiro, seconda classificata”.
“Con lui, però, hai fatto centro”.
Ridono, tutti e due. Sono bellissimi.
Avvicinano i volti, ma si fermano prima.
Perché non è che gli occhi siano proprio gli uni dentro quelli dell’altra.
Lui guarda sopra la spalla di lei, al garage della villetta in cui si è infilata la macchina, e prima di sparire dietro la saracinesca automatica il tipo al volante gli ha anche sorriso, perché è impossibile non farlo, tanto sono belli.
Lei, invece, guarda gli uomini che stanno rifacendo l’asfalto di quel tratto di statale, le tute arancioni chiuse fino al collo per nascondere pistole e mitragliette.
Ma sono così belli lo stesso, seduti sul muretto dall’altra parte della strada, che quando l’auto esce dal garage, anche l’uomo che sta seduto dietro non può fare a meno di sorridere. Nonostante le decine di omicidi commessi per imporsi in Cosa Nostra, e pure quelli per proteggersi la latitanza. Però, sarà il ricordo di qualcosa che è stato o il rimpianto di quello che poteva essere, ma quando li guarda, mani nelle mani, sorride.
Poi arriva il segnale. Gli uomini in tuta bloccano la strada, l’elicottero si avvicina, e allora lui e lei si lasciano, prendono le pistole che tenevano nascoste e si lanciano verso la macchina, gridando insieme carabinieri!
Luglio
REGOLAMENTO GENERALE PER L’ARMA DEI CARABINIERI, 1963. N. 95.
Nelle zone in cui vengono a determinarsi anormali condizioni della sicurezza pubblica per il frequente ripetersi di gravi manifestazioni criminose specie contro il patrimonio, la vigilanza preventiva e repressiva, ordinariamente affidata alle stazioni, può essere integrata da appositi reparti temporanei denominati squadriglie, composte da militari a piedi ed a cavallo o su mezzi meccanizzati.
Aspromonte, luglio 1980.
È tutta una questione di regole e di sguardi.
Quando ero bambino giocavo a guardie e ladri e lì le regole erano chiare: i ladri scappavano e le guardie gli correvano dietro.
Anche quando giocavo a calcio le regole erano importanti, ma per me era più un fatto di sguardi: stavo in porta ed erano sempre gli occhi dell’avversario a rivelarmi dove avrebbe tirato il rigore.
E anche adesso, che a calcio ci gioco solo ogni tanto ma a guardie e ladri sempre, perché sono un ufficiale dei carabinieri, anche adesso che siamo qui tra i rovi e gli sterpi di questo anfratto che sarebbe bellissimo se non fosse per il motivo per cui ci stiamo, rastrellare la zona alla ricerca di un sequestrato, anche adesso è una questione di regole e di sguardi.
L’uomo che sta seduto per terra con i polsi ammanettati dietro la schiena è il custode del sequestrato che si trova nascosto da qualche parte, proprio qui, lo sappiamo. I miei uomini hanno battuto palmo a palmo tutta la zona, come cacciatori, si sono appostati, invisibili, tra gli alberi e l’abbiamo sorpreso, con una bottiglietta d’acqua e un po’ di formaggio, evidentemente destinati ad un altro.
Ma lui, con gli sbirri, non ci parla. Non ci può parlare.
Regole.
Però lo ha capito che se vuole sperare in uno sconto di pena deve farcelo trovare, e vivo, l’uomo che hanno rapito, e infatti da qualche minuto sta fissando un cespuglio incastrato tra due rocce.
Sguardi.
Così andiamo a vedere, spostiamo l’ammasso di sterpi e dietro, nascosta con cura, c’è una grotta e dentro, rannicchiato in una tana, c’è il sequestrato.
Disidratato, affamato, invecchiato, terrorizzato, ma vivo.
Guardo il custode, che stava accennando un sorriso ma subito smette leggendo tutto il disprezzo, il mortale, feroce, assoluto disprezzo che c’è nei miei occhi.
Nel mio sguardo.
Si aspettava qualcos’altro, siamo guardie e ladri, abbiamo regole e chi le rispetta è un uomo d’onore, no?
No. Non c’è onore in chi tratta un uomo così. Non ce n’è mai stato.
Non sono mai esistiti Uomini d’Onore.
Solo guardie e ladri.
AGOSTO
REGOLAMENTO DELL’ARMA DEI CARABINIERI REALI, 1881. N. 439.
Il servizio di polizia militare presso le armate, oltre di quegli ordini particolari, che emaneranno dal Generale Comandante, in riguardo alle armate stesse, consiste specialmente nel vegliare su tutte le spie e persone sospette, che tentassero avvicinarsi od introdursi nell’esercito, come su d’ogni qualunque persona, che potesse supporsi in corrispondenza col nemico.
MASSAUA, COLONIA ERITREA, AGOSTO 1891.
Enda-abbà, disse il buluk-bashi Ogbà, e il Capitano Colaprico provò a ripeterlo più volte, ma inutilmente.
“E cosa sarebbe?”.
“È una legge non scritta…”.
“Una consuetudine”.
“Ecco, sì. Una volta se un uomo uccideva un altro i parenti dovevano vendicarsi e così cominciava una guerra tra le famiglie. Poi gli anziani hanno stabilito che i figli dei due dovevano sposarsi, come risarcimento. Per fermare il sangue”.
“Sarebbe una buona idea anche per qualche posto da noi in Italia. Ma perché me lo racconti?”.
“Perché la figlia di Tesfài ha sposato il figlio di Gabrè Mariàm”.
Colaprico si sedette sulla poltroncina dietro la scrivania, si allentò il colletto e cominciò ad arricciarsi i baffi. Ogbà si tolse di testa il tarbush rosso e si passò una mano sul cranio sudato. C’era una ventola nell’ufficio del capitano che girava, inutile, dentro l’aria immobile e rovente di Massaua.
Quella settimana, nella sonnolenta Colonia d’Eritrea, c’erano stati due omicidi. Più o meno alla stessa ora.
Uno a Ghinda, lungo la strada che portava all’altopiano, un pastore di nome Gabrè Mariàm, accoltellato a morte. Un altro lì a Massaua, il funzionario coloniale preposto agli acquisti per l’esercito. C’era un giovane italiano di origine russa che diceva di aver visto Tesfài, il domestico del funzionario, frugare nei suoi cassetti vicino al corpo del padrone ucciso.
“Ma se Tesfài ha ucciso Gabrè a Ghinda, tanto da far sposare la figlia per fermare il sangue…”.
“…allora non poteva essere a Massaua ad uccidere il funzionario. E questo, a parte la stranezza che un omicidio faccia da alibi per un altro, significa che il giovane ha mentito…”.
“…perché a frugare nei cassetti del funzionario c’era lui”.
Era tempo di guerra contro il Negus Menelik, che aveva la Russia tra i suoi sostenitori.
“Fai entrare il nostro amico italo-russo”, disse Colaprico, riallacciandosi il colletto della giubba.
“Sapete cos’è un enda-abbà?” chiese al giovane, e Ogbà sorrise.
Va bene, la pronuncia non era un granché, ma faceva lo stesso.
SETTEMBRE
REGOLAMENTO GENERALE PER L’ARMA DEI CARABINIERI, 1963. N. 142.
L’ATTIVITÀ DI POLIZIA GIUDIZIARIA RAPPRESENTA, PER L’ARMA, COMPITO ISTITUZIONALE DI PREMINENTE IMPORTANZA.
I CARABINIERI CHIAMATI AD OPERARE IN QUESTO ESSENZIALE SETTORE DEBBONO PORRE OGNI IMPEGNO NELL’ASSOLVIMENTO DEI LORO DOVERI, TENENDO PRESENTE CHE I RISULTATI POSITIVI RAGGIUNTI VARRANNO A RAFFORZARE SEMPRE PIÙ L’AUTORITÀ DELLO STATO E LA FIDUCIA NELL’ARMA.
Salerno, settembre 1990.
“Ma lo sa che assomiglia davvero a quello là, dai, quei telefilm che vedevo da ragazzino…”.
Turi Ferro, “I racconti del Maresciallo”, 1968. E in effetti anche lui è massiccio, stempiato, di mezza età e maresciallo. L’altro, invece è giovane, palestrato, lampadato e firmato. Siede davanti alla scrivania dell’ufficio del Reparto Operativo e sorride come uno che è abituato a vincere sempre. Non ha portato neppure l’avvocato.
“So cosa vuole chiedermi. Della mia società di produzione audiovisivi. Pensate che il filmato che mi scagiona, dimostrando che ero dall’altra parte del mondo quando mia moglie è caduta dal terrazzo qui in Italia, sia stato realizzato apposta da una delle mie troupe”.
Il maresciallo non dice niente.
“Lo so, lo so… lei pensa che la mia società di computer grafica abbia riprodotto nell’oblò della mia cabina una ripresa della baia di Melbourne con i fuochi d’artificio della festa tenuta proprio quel giorno. E magari vuole anche chiedermi del testamento di mia moglie che mi dà la liquidità necessaria a rimettere in piedi le mie imprese. Inutile, ho i migliori avvocati e i migliori periti, sarà impossibile dimostrare che il mio alibi è falso”.
Fa per alzarsi ma il maresciallo lo blocca con un gesto. Ha una cassetta VHS che infila in un videoregistratore.
“In realtà volevo solo riflettere su una cosa. Nel filmato c’è un lavandino. Qualcuno ha tolto il tappo e l’acqua sta scorrendo via, vede?”.
Vede. Si era appena sciacquato la faccia prima di farsi truccare, per non venire lucido nella ripresa.
“Ecco, ho notato che l’acqua scivola nello scarico girando verso destra. Mentre per il principio della Forza di Coriolis nell’emisfero meridionale avviene il contrario, gira a sinistra”.
L’altro non dice niente.
“Non sarà perché il giorno della morte di sua moglie era qui da noi e non in Australia, come sostiene? Ma forse è meglio che chiamiamo il suo avvocato”.
Sorride il maresciallo, e davvero sembra Turi Ferro quando anche nella pasta sgranata del bianco e nero tv gli si illuminano gli occhi mentre inchioda il colpevole.
OTTOBRE
REGOLAMENTO DEL CORPO DEI CARABINIERI REALI, 1867. N. 258.
Nei casi in cui per l’esecuzione d’una operazione secreta, difficile e rilevante, potesse ostare la vista dell’uniforme e delle armi d’ordinanza, sarà lecito ai Carabinieri, per assicurarne l’esito di far uso del vestiario borghese.
Scanno (L’Aquila), ottobre 1877.
Mi chiamano il Muto.
Quando va bene, perché se hanno bevuto troppo mi lanciano contro altri nomi, sibilati tra i denti come fossero sputi. Io sorrido, toccandomi le orecchie con le dita, e allora mi parlano a calci.
Credo sia proprio questo, a mandarli in bestia, che incasso senza reagire. Un animaletto indifeso, buono soltanto a guardare le pecore. Loro sono altro. Hanno grandi pance che gonfiano i giubbotti di lana di caprone, portano orgogliosi i pugnali infilati nelle cinture, e il padrone no, ma il suo aiutante, che è fratello di un bandito, tiene anche lo schioppo a tracolla.
Per questo, stamattina, ha sgozzato un agnello davanti a me, e rideva quando sono andato a nascondermi dietro il muretto.
Fingevo, naturalmente.
Perché lui non lo sa, ma ne ho già visti tanti di agnelli uccisi così, in Sardegna, dove ci sono cresciuto in un ovile come questo. Ma non posso dirglielo, altrimenti capirebbero che non sono di qui. Di carabinieri abruzzesi ce ne sono, ma così giovani e soprattutto dall’aspetto così innocuo, il Comando non ne ha trovati.
E così mi fingo muto.
E prendo calci e sopporto in attesa di un giorno come questo.
L’aiutante ha sgozzato un agnello per il fratello bandito che verrà a cena questa sera con i suoi compagni. E il padrone è contento, perché anche se invoca la protezione dello Stato, poi li nasconde, i briganti, dato che gli servono a taglieggiare i pastori concorrenti.
Così aspetto di vederli arrivare, aspetto di riconoscere sotto le barbe ricce e nere che ci siano proprio quelli che vogliamo, e poi mi metto due dita in bocca e soffio, perché avrò anche la voce arrochita dal silenzio, ma a fischiare, con le pecore, ci sono abituato.
È il segnale per il Maresciallo Bergia, appostato nella macchia dietro lo schiaro. I carabinieri circondano l’ovile e i briganti non hanno neanche il tempo di reagire.
Il maresciallo mi ha portato la divisa e sono io che gli metto le catenelle all’aiutante che mi prendeva a calci, la bocca ancora spalancata dallo stupore.
E sorrido, questa volta, come voglio io
NOVEMBRE
REGOLAMENTO GENERALE PER L’ARMA DEI CARABINIERI, 1963. N. 98.
Nell’esecuzione dei servizi istituzionali, i carabinieri curano anche l’osservanza delle leggi e dei regolamenti vigenti in materia di polizia stradale ed esplicano le attribuzioni ad essi devolute quali ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria.
Riviera ligure, novembre 1976.
La chiamavano la curva della morte perché era uno dei punti più pericolosi della costiera, e infatti le auto uscivano sempre di corsa, e quelle che perdevano il controllo andavano a schiantarsi contro il guardrail.
Per questo si appostavano con l’auto di servizio in uno spiazzo poco più sotto, dove chi veniva giù veloce non poteva vederli, e allora paletta, patente e libretto, e poi multa. In mezzora che stavano lì ne avevano già beccati tre.
Poi, all’improvviso, più niente. Le macchine scendevano ad un’andatura che neanche lo sfiorava, il limite dei cinquanta. Da una ventina di minuti era la parata del guidatore modello.
“Ci segnalano con i fari”, disse il brigadiere, e l’appuntato annuì, aggiustandosi la mitraglietta a tracolla.
Aveva due soprannomi, l’appuntato, uno era Occhio di Falco, perché aveva una vista che superava i dieci decimi. E infatti c’era un catarifrangente sulla lamiera del guardrail, molto più in su, e lui era riuscito a vedere la plastica gialla che si illuminava quando le auto che risalivano lampeggiavano con gli abbaglianti.
“Guarda quello, ancora un po’ e mette la marcia indietro”.
C’era una R4 che veniva giù pianissimo, chi la guidava neanche sfiorava la linea di mezzeria, lo sguardo fisso in avanti e le mani sul volante, alle dieci e dieci.
L’appuntato lo guardò e mise anche lui le mani alle dieci e dieci, ma sulla mitraglietta.
Aveva due soprannomi, l’appuntato, e l’altro era Polaroid, perché quando vedeva una faccia era come se gli scattasse una fotografia istantanea, non la dimenticava più.
Neanche con i capelli tagliati in un altro modo e quei baffetti sottili al posto della barba che aveva nella segnaletica che stava in caserma, assieme alle altre di quel brutto periodo in cui sparavano tutti, da destra e da sinistra, e loro sempre in mezzo.
Veniva giù così piano, l’R4, che ebbero tutto il tempo di avvisare la centrale, lui defilarsi dietro l’auto, a copertura, e il brigadiere tirare fuori la pistola, mentre alzava la paletta.
Dicembre
REGOLAMENTO GENERALE PER L’ARMA DEI CARABINIERI, 1963. N. 53.
I MILITARI DELL’ARMA NON DEVONO MAI DIMENTICARE CHE, PER LA BUONA RIUSCITA DEL SERVIZIO, DEBBONO GODERE LA STIMA E LA FIDUCIA DELLE POPOLAZIONI E CHE, AD ACQUISTARLE, VARRANNO LA CONDOTTA ESEMPLARE SOTTO OGNI RAPPORTO, IL PERFETTO E COSCIENZIOSO ADEMPIMENTO DEI LORO DOVERI E LO SCRUPOLOSO RISPETTO DEI DIRITTI E DELLE LIBERTÀ DEI CITTADINI.
Dolomiti, 25 dicembre 2020.
È tutta una questione di mente e di respiro.
Il resto si controlla, la fatica, anche il dolore. Basta non pensarci, mantenere la mente leggera come una piuma, che si può spingere via con un soffio. E il respiro, quando si incardina in un ritmo che è sempre quello, viene fuori anche se manca.
Martina lo sa. Lo ha imparato da quando partecipava alle gare di fondo della sua valle, anno dopo anno, fino al Centro Sportivo Carabinieri, e ora è campionessa nazionale.
Per questo il maresciallo le ha consegnato un pacchetto di medicine. Una signora anziana che vive da sola in montagna ha bisogno di alcuni salvavita. Una valanga ha interrotto il ponte che la collegava al paese, l’ultima nevicata ha bloccato le strade e il brutto tempo impedisce all’elicottero di alzarsi. Non resta che lei. Ciaspole e zainetto. Mente e respiro.
Martina è partita alle prime luci dell’alba, volando leggera sulla neve fresca, in un gioco rapido di punta e tacco sulla griglia che sostiene i suoi passi. I farmaci non sono così urgenti però se torna in tempo approfitta di un passaggio fino a casa, dove i suoi l’aspettano per il pranzo di Natale.
E infatti arriva in fretta e neanche si sgancia le ciaspole mentre bussa alla porta della signora, che apre subito, quasi fosse stata lì dietro ad aspettarla. Se accetta di entrare è perché le ricorda sua nonna che non c’è più. Martina le chiede solo di poter andare in bagno, c’è una parte del corpo che mente e respiro non possono controllare.
E così li vede. I farmaci salvavita dentro l’armadietto. Una bella scorta. Un errore? Uno scherzo?
Ma non fa in tempo ad arrabbiarsi. La signora le racconta che i figli stanno lontani, da quando suo marito non c’è più è sempre lì da sola, e poi glielo chiede, sbattendo gli occhi proprio come faceva sua nonna.
“È Natale… non è che rimarresti a pranzo con me?”.
Più tardi, sedute sorridenti a tavola con le cose che hanno preparato, Martina scatta un selfie.
Lo manda a casa, i suoi capiranno. E lo manda al maresciallo, perché ricorda quello che le aveva detto una volta.
Sei un carabiniere, la tua famiglia è la gente.