BrindisiFocusItalia

CISL: PER BRINDISI SI PASSI DALLE IDEE AI PIANI INDUSTRIALI di Gianfranco Solazzo Segretario Generale Cisl Taranto Brindisi

Sono stati presentati dalle aziende, durante l’incontro del Comitato di coordinamento per la decarbonizzazione, tenutosi in Prefettura di Brindisi, i rispettivi 13 investimenti, taluni dei quali noti da tempo, contenenti tempistiche, risorse da investire, ricadute occupazionali dirette ed indirette.

Vi abbiamo partecipato come Cisl insieme con i segretari delle Federazioni di categoria direttamente coinvolte nella vertenza – Fim, Fisascat, Flaei, Femca, Fit – rappresentando alle istituzioni e alla politica la necessità di passare ad una fase di concretezza, per comprendere chiaramente quali soluzioni si intendono realizzare da subito, a fronte della situazione di profonda instabilità produttiva e occupazionale già in atto. 

Abbiamo stigmatizzato, ancora una volta, la decisione di velocizzare ed anticipare la chiusura della Centrale Federico II, senza le opportune alternative produttive e occupazionali e nonostante la fragilità del nostro sistema energetico nazionale che vede sistemi produttivi fermarsi, per gli alti costi della bolletta energetica.

Di conseguenza, abbiamo chiesto che Enel, Terna (per non ritenere essenziale la Centrale) e Governo si assumano la massima responsabilità nel fornire, con la stessa tempestività con cui si sta procedendo alla chiusura della stessa Centrale, le giuste alternative occupazionali. 

Abbiamo, inoltre, sottolineato come l’art.24 bis in merito al processo di decarbonizzazione non limita l’attenzione esclusivamente alla riconversione delle Centrali, bensì finalizza il Coordinamento ad individuare soluzioni per investimenti, rilancio produttivo, salvaguardia occupazionale delle aree industriali di Brindisi e Civitavecchia.

Pertanto, atteso che il processo di decarbonizzazione va di pari passo con altri  processi di ristrutturazione, innovazione, nuove strategie di mercato, che stanno portando anche altre realtà a mettere sotto stress il territorio, non c’è dubbio che vada costruito un percorso che abbia una visione d’insieme, ovviamente partendo dalla prima emergenza ovvero quella della Centrale di Cerano.

Si rifletta, ad esempio, sul piano della Zes unica che punta su nove filiere, dall’energia, alla chimica, alla farmaceutica, al Made in Italy, all’agroindustria, trasporto, ferrovie, automotive, cantieristica, tutti settori già presenti a Brindisi. 

Appare paradossale però che, mentre si intende investire sulla farmaceutica, una delle suddette filiere, contestualmente a Brindisi si programmi  la vendita proprio di un impianto di tale settore, Euroapi, rischiando così di determinare tensioni sociali aggiuntive.

In merito all’Accordo di programma per Brindisi, abbiamo ribadito che bisogna avanzare dalle idee industriali ai  piani industriali, sapendo bene chi fa cosa e chi mette quanto, con chiari impegni d’impresa e istituzionali.

A tal riguardo abbiamo chiesto che siano resi noti, prima possibile, anche gli esiti delle proposte presentate dai Sistemi portuali di Brindisi e di Taranto, concernenti l’opportunità offerta dal DL Energia n.181/2023, di realizzare infrastrutture di cantieristica navale, a fini di produzione, assemblaggio e varo di piattaforme galleggianti per l’eolico offshore.

In ogni caso, poiché il programma degli eventuali investimenti illustrati comporta tempi lunghi, ancora una volta va ribadito che Brindisi necessita di una Legge speciale, affinché siano velocizzate autorizzazioni, investimenti e, soprattutto, previste nuove misure di sostegno al reddito che mettano al riparo tutti i lavoratori non immediatamente ricollocabili.  

Nell’Accordo di programma, a nostro avviso, vanno altresì verificati, con i rispettivi piani industriali, i fabbisogni occupazionali e professionali; costruito un bacino con nomi, cognomi e relative professionalità, in maniera tale da verificare quante e quali di questi lavoratori possono essere subito impegnati nell’apertura degli eventuali  cantieri; programmare corsi di formazione e riqualificazione mirati a fornire le competenze e le professionalità utili alle necessità che saranno evidenziate dalle stesse imprese investitrici.

Quanto alle risorse finanziarie, considerato che Brindisi è stata esclusa dal JTF abbiamo chiesto che vengano considerate le risorse che la Corte dei conti sembra abbia sbloccato, pari a 1,5 md, provenienti dalle economie delle ultime quattro Leggi di bilancio e dalle aste delle quote di emissione di CO2.

Sono risorse, queste, che dovrebbero essere investite in Contratti di sviluppo e in Accordi di programma. 

Dato che Brindisi è stata sempre considerata strategica per il fabbisogno energetico del Paese, quale miglior occasione per attingere da quelle risorse per questo Accordo di programma?

In chiusura, il prof. Teti, che ha coordinato l’incontro, a nome del MIMIT, dopo aver ascoltato tutte le parti presenti al tavolo, ha dichiarato quali saranno le linee guida con le quali si scriverà l’Accordo di Programma, che sarà presentato in un successivo incontro,  ricordando che a disposizione dello stesso ci sono per adesso 550 milioni.

Inoltre, il Ministero, chiederà ad Invitalia di realizzare una sorta di piano industriale, verificando le aree in cui verranno allocate le imprese; porrà attenzione alle bonifiche e, altresì, ai vincoli che limitino gli investimenti.

Infine, si verificheranno fondi per le infrastrutture, per gli ammortizzatori sociali per i lavoratori non subito ricollocabili, per le bonifiche obbligatorie e immediate e, al contempo, si sta pensando ad un Commissario ad acta per velocizzare i processi e ad una linea di credito per l’Accordo di programma.

Frattanto, si farà un monitoraggio con le imprese, con numero e nomi della forza lavoro attualmente in difficoltà lavorativa. 

Apprezzando la volontà delle istituzioni locali, regionali e nazionali, di voler addivenire a soluzioni tese allo sviluppo del nostro territorio, posizione che abbiamo sempre sostenuto, ovvero di trasformare le criticità in opportunità, resteremo impegnati come Cisl affinché non sia il lavoro a dover pagare il costo della transizione energetica che, al momento, risulta distratta dalle conseguenze sociali ed economiche che produce. 

 

                                                                                                       Gianfranco Solazzo