Doveva essere una giornata di festa, di orgoglio marittimo e memoria condivisa. La visita dell’Amerigo Vespucci, storico veliero della Marina Militare Italiana, ha attirato migliaia di visitatori lo scorso 12 aprile nel porto di Brindisi. Ma dietro le bandiere issate al vento e l’entusiasmo dei brindisini, si è consumata un’amara dimenticanza: nessun momento di commemorazione è stato dedicato ad Alessandro Nasta, il giovane sottocapo di Brindisi tragicamente scomparso nel 2012 proprio a bordo della Vespucci.
Nasta, 29 anni, perse la vita durante una manovra al largo di Civitavecchia, mentre era in servizio sulla nave scuola. Un incidente che scosse profondamente la Marina e la città di Brindisi, sua terra natale. Eppure, a oltre dieci anni dalla sua morte, nessuno dei rappresentanti militari o istituzionali presenti ha voluto, o pensato, di ricordarlo durante la cerimonia pubblica tenutasi a bordo.
“Ci aspettavamo almeno una parola, un minuto di silenzio, una rosa posata simbolicamente sul ponte. Niente. Il silenzio è stato assordante”, ha dichiarato un familiare di Alessandro, visibilmente deluso. “Per noi quella nave non è solo un simbolo dell’Italia nel mondo: è il luogo dove nostro figlio ha perso la vita. Vederla entrare nel porto della sua città senza che nessuno pronunciasse il suo nome è stato come perderlo una seconda volta.”
L’episodio riaccende il dibattito sul ruolo della memoria nelle cerimonie ufficiali e sull’importanza di onorare ogni singolo sacrificio, anche lontano dai riflettori. Perché dietro ogni uniforme c’è una storia, un volto, una famiglia. E il ricordo è il primo dovere verso chi ha servito il proprio Paese fino all’ultimo respiro.