Omissioni, anomalie e 305 operatori dichiarati. Subito una decisione per salvaguardare servizio e personale.
«Sulla premessa che nessuna proroga del servizio può essere concessa e che bisogna decidere entro pochi giorni il da farsi, la ASL di Brindisi ha risposto ai quesiti della Regione sulla gestione del servizio di assistenza domiciliare (ADI).
E quello che emerge crea inquietudine, perché si tratta di una pubblica fornitura, e non capisco come alcuni colleghi candidati restino in silenzio o finiscano per avallare, di fatto, una situazione che non mi pare per niente regolare.
Le risposte della ASL danno atto di 305 operatori addetti, anche se dalle interlocuzioni sindacali ne risultavano 238 sanitari e 9 amministrativi, di cui una quarantina a partita IVA, in un servizio pubblico che invece dovrebbe basarsi sulla continuità e sulla stabilità del personale.
Una situazione che, già da sola, pone interrogativi seri sulla natura dei rapporti di lavoro e sulla corretta applicazione dei contratti collettivi.
Ma non è l’unica perplessità.
Manca ancora il nominativo del Responsabile della collaborazione gestionale (Re.Co.Ge.), figura indispensabile per il controllo del servizio.
Molti servizi aggiuntivi, oggetto del rinnovo triennale, non sono mai partiti.
Il protocollo farmaceutico, fermo al 2017, continua a funzionare su base cartacea, rendendo impossibile la verifica dell’appropriatezza.
Il modello informatico di approvvigionamento dei materiali sanitari è stato progettato, ma mai attuato.
E sulla sede della Centrale Operativa, ospitata nei locali pubblici dell’ex Ospedale Di Summa, la ASL conferma l’esistenza di un contratto di locazione con il soggetto privato, ma non si riesce a conoscere il canone.
Il contratto di rinnovo con la cooperativa San Bernardo, dal valore di circa 30 milioni di euro, è stato stipulato senza preventiva autorizzazione regionale — peraltro da me richiesta — e nonostante nel contratto si desse atto che il rinnovo sarebbe stato subordinato a tale autorizzazione.
E le “migliorie” del servizio, oggetto del rinnovo e tanto esaltate, risultano o mai attivate o forse non riconducibili ai livelli essenziali di assistenza, il che pone dubbi anche sulla rendicontazione economica.
A tutto ciò si aggiunge la questione delle 100 autovetture, al posto delle 11 previste, che in un primo momento si dichiaravano autorizzate dalla ASL e ora, invece, risultano di proprietà del partner privato, con autorizzazione al solo utilizzo del logo.
Senza che sia possibile comprendere, in ogni caso e in modo dettagliato, i costi sostenuti per carburante, assicurazioni e manutenzione.
Insomma, ci sono molte risposte parziali e altrettante omissioni, mentre cittadini e operatori restano sospesi nell’incertezza.
Qui non si tratta di polemiche, ma di legalità, trasparenza e rispetto delle regole.
Per questo ritengo che la Regione debba ora assumere una decisione immediata: chiarezza totale su atti, contratti, autorizzazioni e personale, e indicazione dell’unico modello gestionale perseguibile, ovvero la gestione diretta.
Non possiamo permettere che un servizio così delicato viva tra zone grigie e incertezze amministrative, a discapito della migliore funzionalità del servizio e delle vite degli operatori.»
