In una farmacia una donna chiede di prenotare una visita specialistica attraverso il CUP. Il primo appuntamento è dopo molti mesi. “E’ proprio vero: se non paghi non ti puoi curare!” esclama.

Dopo un anno di attenzione generale sul problema suscitato dal dibattito sulla “legge Amati”, approvata nel marzo 2019 dopo essere stata stravolta perché non ha vincolato la libera professione intramoenia dei medici pubblici al rispetto dei tempi massimi entro cui erogare le prestazioni, la questione dell’accesso dei cittadini alle prestazioni è passata sotto silenzio e non sembra trovare un efficace spalla neppure nei sindaci che dovrebbero invece averla a cuore.

Il 21 marzo 2021 la ASL Brindisi ha pubblicato i risultati del monitoraggio sulle liste di attesa, in un confronto con le visite private e relativi ad una settimana dell’ottobre scorso, dai quali si evince chiaramente che i tempi per le prestazioni a priorità breve, dieci giorni dalla richiesta, sono superati in molte specialità e analoghi sforamenti si possono ritrovare nei tempi relativi ad altri livelli di priorità. Nel contempo risulta evidente che per alcune visite specialistiche, anche salvavita, il cittadino ricorre all’intramoenia ormai in 2-3 casi su dieci. Sfugge a questa rilevazione tutta l’attività extramoenia, dei medici cioè che non sono in rapporto esclusivo e che non devono quindi rendere conto dell’attività al di fuori dell’orario di lavoro, per cui il ricorso alla prestazione a pagamento è molto probabilmente assai più frequente di quanto emerge da questo reportage. 

Nella rilevazione della sola attività pubblica di una settimana del gennaio scorso risultano chiaramente i settori che richiedono un potenziamento: nel caso delle prestazioni che devono essere soddisfatte entro 10 giorni, in alcuni casi ciò avviene per meno meno della metà delle richieste e il fenomeno si aggrava nel caso delle visite da erogare entro 30 giorni. 

Si deve aggiungere che le attese riportate rappresentano dei valori medi su tutta la ASL provinciale ed in effetti molte liste sono chiuse o i tempi sono molto più lunghi negli ambulatori del capoluogo per cui i cittadini di Brindisi devono spostarsi in provincia se vogliono ricevere la prestazione in tempi decorosi. E’ facile quindi che chi può si rivolga alla scorciatoia della visita a pagamento dettata in questi casi non da preferenza per il professionista ma da necessità. E’ pur vero che la pandemia COVID19 ha oscurato la prevenzione e l’assistenza di tante altre patologie croniche, anche molto più letali di quella provocata dal virus SARS-COV2, ma questo non è un buon motivo per abbandonare al loro destino un numero di ammalati di gran lunga più elevato degli ammalati COVID19.

Consegniamo questa analisi sommaria ma a nostro parere  significativa al Sindaco del Capoluogo, che nel programma elettorale aveva previsto una Assemblea della Salute la quale non ci risulta ancora attivata. Potrebbe essere forse questo lo strumento partecipativo  che darebbe al presidente dalla Conferenza dei Sindaci quelle informazioni utili per far valere gli interessi dei cittadini di Brindisi nel contesto dell’assistenza sanitaria locale. E’ chiaro che ci sono settori specialistici in cui l’offerta è insufficiente e deve essere potenziata subito.

Una attenta sorveglianza sulle liste di attesa farebbe risparmiare denaro ai settori a più basso reddito della cittadinanza, obiettivo da non trascurare mai e soprattutto in questo momento di crisi economica che ha fatto crescere le aree di povertà.

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