Il presidente dell’Ordine degli Psicologi di Puglia Vincenzo Gesualdo evidenzia quanto la paura di entrare in contatto con gli altri, se non metabolizzata e affiancata da un esperto, possa diventare una patologia

 Dodici. Sono i secondi che rappresentano il nostro limite di attenzione. In dieci anni la soglia si sarebbe abbassata di ulteriori quattro secondi, passando così a otto. L’isolamento sociale causato dalla pandemia ha incrementato l’utilizzo degli strumenti digitali che fino a ieri erano ancora oggetto di dibattito intellettuale. Questi strumenti hanno assunto un ruolo importante nelle interazioni tra persone. Nonostante l’eccessivo tempo trascorso per lavoro, per studio o per svago in connessione su smartphone e pc, crediamo di controllarci ma anche durante il tempo libero o da dedicare alle nostre relazioni passiamo molto di questo tempo a fissare schermi dalla luce blu.

Il tanto richiesto e necessario distanziamento sociale è stato più tollerabile grazie alla presenza del digital device, a prescindere dall’età e professioni. Anche chi non era orientato all’uso dei dispositivi tecnologici ha fatto di necessità virtù. A distanza di settimane dall’allentamento di restrizioni anti contagio, non ci si rende conto che si sta perdendo dimestichezza con lo stare insieme.

“Lo tsunami di avvisi sugli smartphone impatta la capacità di concentrazione” afferma Vincenzo Gesualdo, presidente dell’Ordine degli Psicologi di Puglia. Capacità considerate pregi da sfoggiare, come la reperibilità totale, l’istantaneità delle azioni, il multitasking estremo, sono in realtà effetti collaterali che rendono schiavi degli algoritmi. “Siamo incollati alle piattaforme, incapaci di comprendere persino i nostri bisogni – continua Gesualdo – e così facendo assistiamo impassibili al deterioramento delle relazioni personali”.

“Le restrizioni messe in atto per contenere il diffondersi del contagio hanno esposto ad uno stress collettivo senza precedenti, le cui conseguenze si stanno palesando significativamente forti e devastanti. Il prolungato isolamento ha indotto l’individuo a rassegnarsi a star bene in una sorta di Truman Show”, continua Gesualdo.

Il futuro si mostra ancora in tutta la sua incertezza. Ci si deve interrogare su quali saranno le conseguenze a lungo termine della perdita di fiducia nella nostra capacità di stare insieme. “Occorre una vera e propria formazione alla cultura del digitale che aiuti ad armonizzare le esigenze del digital device con quelle psicologiche creando così una stabilità tra esperienza online e offline per ridurre il peso cognitivo connesso all’incremento delle tecnologie” conclude Gesualdo.