Nella giornata di martedì 4 marzo u.s., il Ministro Urso ha annunciato tramite comunicato stampa la  convocazione del tavolo Versalis per affrontare il piano industriale proposto da Eni, che prevede la  chiusura degli ultimi due impianti di cracking (per la produzione di etilene) presenti in Italia.  

Questa decisione comporterà che il nostro Paese sarà il primo, a livello europeo, a non produrre più  etilene, una materia fondamentale per la produzione di tutte le componenti plastiche: una scelta che  aumenterà la dipendenza dell’Italia dai Paesi extraeuropei proprio in un momento in cui le tensioni  geopolitiche e le guerre commerciali sui dazi minacciano di compromettere la competitività del si 

stema manifatturiero italiano. 

Nel comunicato del Ministro non si fa menzione dei rischi a cui sarà esposto il nostro Paese proprio  nel pieno di un calo della produzione industriale che sfiora ormai i 24 mesi. Al contrario, emergono  due riferimenti che prefigurano quale sarà l’orientamento del Governo rispetto alle scelte di Eni, scelte  che porteranno sicuramente vantaggi economici per l’azienda e per i suoi azionisti privati, ma che  scaricheranno sulle imprese del settore manifatturiero le incertezze del mercato i rischi legati alla  guerra dei dazi e un aumento del costo delle materie prime strategiche. 

Non è un caso che l’Europa abbia avviato una discussione sulle materie strategiche da produrre nel  continente, al fine di evitare ulteriori dipendenze che potrebbero mettere in ginocchio il sistema in dustriale europeo.  

Il primo riferimento evidenziato dal Ministro è che il piano industriale di Eni è stato sottoscritto dai  sindacati: una vera e propria presa d’atto sul fatto che la scelta di chiudere gli impianti sia esclusiva mente aziendale e non governativa.  

Un atteggiamento supino che è confermato dal fatto che, mentre era comunque aperto un tavolo di  confronto in sede di Governo, ENI e alcune organizzazioni sindacali hanno deciso di procedere senza  il coinvolgimento del Ministro su una questione cruciale per la competitività del Paese e in assenza  di garanzie occupazionali per le aziende dell’indotto, i cui lavoratori e lavoratrici, lo ricordiamo, sono  tre volte i dipendenti diretti. Stiamo parlando in totale di circa 20.000 uomini e donne. 

Inoltre, il Ministro tace sul fatto che quell’accordo non è stato firmato dalla Filctem Cgil, rendendolo  di fatto minoritario visto che la Filctem rappresenta, come certificato dall’Inps, il 48% dei lavoratori  del settore, più del doppio rispetto ai sindacati che hanno firmato, confermando come il Governo  abbia un’idea della democrazia molto soggettiva.

Il secondo passaggio del Ministro Urso è ancor più sottile. Egli ricorda che l’accordo prevede che  l’impianto di Brindisi venga messo “in conservazione”, cioè pronto per essere riutilizzato, rivendi cando di essersi attivato con la Commissione Europea per una revisione del CBAM (il sistema che  tassa la produzione di prodotti provenienti da fuori Europa in base alle emissioni di CO2) per inclu dere la chimica. Ed è proprio in ragione di ciò che il Governo assume l’impegno di far rientrare in  funzione non appena l’Europa modificherà le normative, mentre la chiusura rimane una decisione  unilaterale di Eni. 

Al Ministro Urso consigliamo di consultare un ingegnere chimico fra i tanti per farsi spiegare che un  impianto di quel tipo, se spento per alcuni mesi, non potrà più essere riattivato, con grave danno per  il sistema industriale italiano. Questa situazione è inaccettabile. Sacrificare gli interessi del Paese a  favore della speculazione finanziaria di un’azienda partecipata dallo Stato, che da questa operazione  otterrà solo maggiori dividendi per gli azionisti, è inaccettabile e fotografa ormai chiaramente quali  siano i rapporti di forza fra Eni e il suo azionista di maggioranza, il Governo. 

Infine, l’operazione pregiudica anche lo sviluppo dell’economia circolare attraverso il riciclo chimico  della plastica, unica soluzione per un riciclo totale dei prodotti, perché, come dichiarato da Eni, per  chiudere tale processo è necessario un cracking, impianto che in Italia stiamo chiudendo. Altro mer cato precluso alle aziende italiane. 

La Cgil e le sue categorie, che rappresentano i lavoratori diretti e indiretti (Filctem, Fiom, Filcams,  Filt e Fillea), chiederanno al tavolo di invertire l’ordine delle priorità: prima gli interessi del Paese e  del suo sistema produttivo e poi, eventualmente, quelli degli azionisti di ENI. 

Per sostenere questa posizione, è stato proclamato uno sciopero per la stessa giornata dell’incontro,  coinvolgendo i lavoratori diretti di Versalis, i lavoratori dei trasporti e quelli dell’edilizia, con ulteriori  mobilitazioni previste sul territorio. 

In aggiunta, si svolgerà un presidio sotto la sede del Ministero, in via Molise, al quale parteciperà una  rappresentanza di tutti i lavoratori (chimici, metalmeccanici, trasporti, edili e dei servizi, come pulizia  e vigilanza), insieme a tutte le istituzioni e le forze politiche che vorranno sostenere la lotta per ga rantire gli interessi generali del Paese. 

la Segreteria Nazionale CGIL 

Pino Gesmundo