VENEZIA, DETENUTO DEL CARCERE DI BELLUNO TENTA LA FUGA DURANTE UDIENZA DAL TRIBUNALE E SI TUFFA NEL CANALE: AGENTI LO RAGGIUNGONO E BLOCCANO. SALE IL GRIDO D’ALLARME DEL SAPPE

Grave episodio, questa mattina, nei pressi della Cittadella della giustizia di Venezia, dove si è assistito al tentativo di fuga di un detenuto, quasi in stile hollywoodiano. Un detenuto, lì per una udienza, ha tentato la fuga ma è stato prontamente fermato dagli Agenti di Polizia Penitenziaria di servizio, che non hanno esitato a buttarsi nel canale per bloccarlo. Lo rende noto il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria.

“Questa mattina”, spiega Giovanni Vona, segretario nazionale per il Triveneto del SAPPE, “un detenuto di origine rumena, proveniente dal carcere di Belluno, doveva presenziare ad una udienza davanti al GIP di Venezia (cittadella della giustizia di Venezia). Con la scusa di andare in bagno, essendo senza manette perché era davanti al giudice, con un improvviso strattone riusciva a darsi alla fuga. Il soggetto pur di riuscire nel suo intento, non si è fatto nessun problema e si è tuffato nel canale. I colleghi della Polizia Penitenziaria, pur essendo numericamente sotto scorta, non si sono fatti scrupoli e si sono buttati anch’essi nel canale riuscendo a catturare l’evaso. Scena da film di trama hollywoodiana, ma per fortuna l’uomo è stato bloccato”. “Il SAPPE”, conclude Vona, “accusa ancora una volta l’Amministrazione Penitenziaria di scarsa attenzione sulla problematica dei detenuti stranieri che sta rendendo il lavoro della Polizia Penitenziaria sempre più difficile”.

Donato Capece, segretario generale del SAPPE, ha parole di elogio per i poliziotti che hanno sventato l’evasione: “E’ solamente grazie a loro se è stato possibile sventare la clamorosa fuga all’evaso: la pronta reazione ed il tempestivo intervento degli uomini della Polizia Penitenziaria di scorta hanno infatti permesso di sventare il grave evento. Una cosa grave, che poteva creare ulteriori seri problemi alla sicurezza e all’incolumità dei poliziotti, dei detenuti e dei cittadini che in quel momento si trovavano nei pressi della Cittadella della giustizia di Venezia. Ma la grave vicenda porta alla luce le priorità della sicurezza (spesso trascurate) con cui quotidianamente hanno a che fare le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria”. Capece denuncia “una volta di più le quotidiane difficoltà operative con cui si confrontano quotidianamente le unità di Polizia Penitenziaria in servizio nei Nuclei Traduzioni e Piantonamenti dei penitenziari: agenti che sono sotto organico, non retribuiti degnamente, con poca formazione e aggiornamento professionale, impiegati in servizi quotidiani ben oltre le 9 ore di servizio, con mezzi di trasporto dei detenuti spessissimo inidonei a circolare per le strade del Paese, fermi nelle officine perché non ci sono soldi per ripararli o con centinaia di migliaia di chilometri già percorsi”. 

Il leader del SAPPE “auspica in un celere intervento di questo Governo sui continui eventi critici di ogni tipo – tentata evasioni, aggressioni, risse, colluttazioni, ferimenti – che vedono loro malgrado coinvolti le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria, eventi oramai all’ordine del giorno”. E si rivolge in particolare al Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Giovanni Russo: “Al Capo DAP Russo rinnoviamo l’invito ad incontrare il SAPPE per affrontare i temi della gestione dei detenuti, dei malati psichiatrici, della riorganizzazione istituti, della riforma della media sicurezza. Ma chiediamo anche l’immediata applicazione dell’articolo 14 bis dell’ordinamento penitenziario, che prevede restrizioni adatte a contenere soggetti violenti e pericolosi. Sarebbe opportuno dotare al più presto la Polizia Penitenziaria del taser o, comunque, di altro strumento utile a difendersi dalla violenza di delinquenti che non hanno alcun rispetto delle regole e delle persone che rappresentano lo Stato”. Per questo, il primo Sindacato della Polizia Penitenziaria non esclude clamorose forme di protesta dei poliziotti: “perché ormai il tempo delle interlocuzioni è finito: in questi ultimi anni ci siamo recati in ogni istituto di pena del Paese, per adulti e minori, abbiamo pazientemente ascoltato il personale, abbiamo scritto e riscritto alle varie Autorità competenti, ma ci rendiamo conto che chi di dovere non ha ancora intrapreso le iniziative che abbiamo richiesto e che ci aspettavamo”.


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