“La passione e le idee. La Puglia antifascista da Giuseppe Di Vagno a Giacomo Matteotti” di Giovanni Capurso. In libreria per Progedit edizioni

Torna in libreria con un altro importante saggio storico, l’autore pugliese Giovanni Capurso che in “La passione e le idee. La Puglia antifascista da Giuseppe Di Vagno a Giacomo Matteotti” (Progedit edizioni) racconta cosa accadde in Puglia negli anni tra il delitto di Giuseppe Di Vagno e quello di Giacomo Matteotti. E cioè durante l’arco temporale in cui si vide l’ascesa del fascismo e la sua costruzione del potere.

Partendo da documenti in parte inediti, Capurso, uno dei principali studiosi di meridionalismo, ripercorre le lotte tra fascisti e antifascisti, ma anche quelle intestine tra fascismo ufficiale, fascismo autonomo e sindacalismo fascista, delineando un quadro articolato del Paese e, in particolare, della situazione pugliese.

Nel novembre 1922 il giovane Piero Gobetti con ironia scrisse: “chiediamo le elezioni coi mazzieri, non solo in Puglia, ma a Torino e a Milano”. Lo squadrismo fascista in Puglia, infatti, nei tre anni che precedettero l’omicidio di Giacomo Matteotti, fece scuola in tutta Italia. Ma cosa avvenne in quella regione negli anni che anticiparono la dittatura? Ce lo chiarisce Capurso proprio in questo saggio, dopo il successo del precedente volume, “La ghianda e la spiga”, con il quale ha ottenuto numerosi riconoscimenti, tra cui la finale al Premio FiuggiStoria 2021.   

Il libro punta l’attenzione, dunque, agli anni in cui il fascismo in Puglia in maniera precoce sperimentò, in un vero e proprio laboratorio politico, i primi tentativi di quella collaborazione tra capitale e lavoro che anticipò il corporativismo economico degli anni a venire. Esauritasi la spinta squadrista in funzione antisocialista, il movimento, alla ricerca di una identità precisa, si innestò nelle logiche di potere del trasformismo, che avevano sempre caratterizzato il Mezzogiorno. 

Con una narrazione fluida e accessibile, utilizzando continui richiami alle vicende nazionali, soprattutto attraverso le posizioni nette e intransigenti di leader come Matteotti, Capurso ricostruisce questa storia di ordinaria intolleranza dando la parola ai principali protagonisti di quel tempo inquieto.

Da una lettera di Guido Dorso a Tommaso Fiore del 9 luglio 1926:

“Carissimo Tommasino […],

confesso che oggi sono molto più pessimista di due anni fa. Ma si tratta di impressioni. Nessuno può dire se noi saremo sempre condannati a delle battaglie di carte stampate, oppure avremo la fortuna di passare ai fatti”.


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