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Mantova dà giustizia alle vittime del lavoro per esposizione all’amianto Brindisi perché non onora le sue?

BRINDISI – Il 10 novembre si è tenuta presso la sede Acli di Brindisi la conferenza stampa organizzata da: Patronato ACLI – Salute Pubblica – Cobas – No al carbone – lavoratori ex esposti e famiglie di vittime, concernente: I CONTROLLI PER I LAVORATORI EX ESPOSTI ALL’AMIANTO E AD ALTRI CANCEROGENI  GIUSTIZIA PER LE VITTIME COME A MANTOVA, VENEZIA, SAVONA, PORTO TOLLE e TARANTO.


In rappresentanza del Sindacato Cobas e dell’Associazione Esposti Amianto, Roberto Aprile, nel suo discorso d’inizio, mette in evidenza l’importanza del diritto alla sorveglianza sanitaria, che deve essere istituita a cura della Regione e delle Asl, ma non ancora attivata dalle stesse in Puglia, questo diritto prevede una tutela preventiva obbligatoria della salute del lavoratore, il quale se sottoposto ad analisi in via preventiva, può intervenire per tempo nel caso di patologie tumorali, situazione non poco comune in soggetti che hanno lavorato con materiali come l’amianto, il benzene e altri chimici ben noti legati al tipo di lavorazioni industriali che “vanta” il territorio, che li ha esposti a questo rischio. Dice” dal 2001 che seguo queste problematiche, un’intera città avrebbe dovuto vedersi in prima linea e con essa anche gli altri patronati e le altre associazioni, ma non si sono visti” fa una panoramica sulle difficolta giuridiche a che vengano istaurati dei processi, dice “le diciture di diritto riferite ad una ditta quali cessata, fallita o irreperibile non consentono spesso un’identificazione puntuale dell’azienda in cui i lavoratori deceduti hanno lavorato per cui spetta all’ufficio provinciale del lavoro stilare un CV creando così il problema del corretto riconoscimento della stessa e la difficoltà al ritrovamento in via burocratica dei lavoratori esposti all’amianto e di conseguenza davanti ad un tribunale diviene difficile il riconoscimento di esposizione all’amianto; e parlano di prevenzione ma come una parola vuota di significato”. Come azione propositive, prosegue Aprile, si è avuto un primo approccio con l’assessore regionale alla salute, Domenico Pentassuglia, e ancora dà notizia dello sciopero generale nazionale organizzato per il prossimo 14 novembre davanti alla della Regione Puglia, istituzione deputata a questa problematica.
Stefano Alparone, in rappresentanza dei No al Carbone, introduce il suo discorso ponendo l’accento su quella che I NAC definiscono “Emergenza Brindisi”, usando sotto questo cappello tutte le problematiche sanitarie ambientali e quant’altro che attanagliano la nostra città; dice “ noi siamo un comitato di cittadini anche se non tecnici, non siamo degli sprovveduti, riteniamo che il cittadino necessiti di risposte semplici ad interrogativi pesanti, abbiamo fatto però un percorso di approfondimento delle tematiche di cui ci occupiamo e ci siamo mossi sempre cercando di seguire l’iter istituzionale, in realtà la nostra azione non avrebbe ragion d’essere se le istituzioni e gli enti preposti facessero il loro dovere.” Continua mostrando quanto l’operato istituzionale, si avvicini ad un vero e proprio “cortocircuito istituzionale” che ha come ricaduta un cattivo se non mancato servizio al cittadino. Ricorda quanto, da un lato il Ministero dell’Ambiente dichiari Brindisi area SIN (sito d’interesse Nazionale per le bonifiche) chiedendo la caratterizzazione di un‘area pari a più di 11.000 ettari, e che la Città sia anche catalogata come area ad alto rischio d’incidente rilevante e quanto dall’altro, invece le stesse istituzioni, che hanno il ruolo specifico di controllare e vigilare lo stato ambientale di un territorio, ASL e Arpa, siano lente e spesso inefficaci e di quanto la magistratura a Brindisi non sia fortemente, attiva ed impegnata su questi temi a differenza di come avviene nel resto d’Italia, in realtà parallele, sebbene di ampiezza ed incidenza sull’inquinamento notevolmente inferiore che hanno, invece, portato a condanne esemplari.
Molto puntuale nell’indicazione dei dati il Dott. Maurizio Portaluri oncologo dice “in questi anni abbiamo seguito molto la questione dell’amianto anche come semplici medici nel corso della attività lavorative, la prevenzione è una cosa molto importante ma abbiamo voluto riprenderla da un punto di vista sanitario perché la salute ha un valore economico e non solo, la sentenza del 14 ottobre scorso del tribunale di Mantova dove c’è un petrolchimico simile, più piccolo come estensione e produzione, una situazione analoga a quella di Brindisi, ha portato a delle condanne per la morte di 11 lavoratori su 73 casi, lavoratori affetti da mesotelioma pleurico, e linfoma di Hodking dovuti ad esposizione al benzene, continua – dal 2001 e 2013 ho incontrato molti casi con queste diagnosi in laboratori di vari distretti e ho segnalato all’autorità giudiziaria 5 casi di mesotelioma, 9 tumori al polmone, 3 casi di leucemia e 2 angiosarcomi, questi i casi che ho incontrato personalmente e sono sicuro che molti medici e i patronati avranno fatto lo stesso” Conclude dicendo che se con la sentenza di Mantova, solo ultima in ordine di tempo, si sono individuate e condannate le responsabilità per patologie come queste non si capisce perché non lo si possa fare anche a Brindisi, e pone l’accento sull’importanza della sorveglianza medica, facendo riferimento al D.lgs. 81/2008 che ne ha stabilito il diritto anche se il lavoratore è in pensione. Fa un appello consigliando ai lavoratori di rivolgersi al loro medico curante, ”la ASL – aggiunge – secondo il nostro parere dovrebbe effettuare un controllo per queste malattie”.
Commuovente, ma allo stesso tempo consapevole il discorso di Nadia Stella figlia di un lavoratore di lunga data (20 anni) al petrolchimico, esposto all’amianto deceduto in agosto per tumore al polmone. Racconta la sua storia sanitaria “ha fatto una TAC dieci anni fa per sua iniziativa con esito negativo, TAC che era normale fosse ripetuta anche negli anni successivi e che avrebbe potuto diagnosticare il tumore per tempo, portando alla guarigione – continua – se tutto avesse funzionato secondo legge e, se mio padre, avesse ricevuto una lettera dal datore di lavoro e dalla ASL, lui adesso sarebbe vivo, in due mesi e mezzo e morto, io troverò un responsabile non mi posso rassegnare credo che ci sia la responsabilità anche dei medici di base sono un pezzo del nostro stato; perché non obbligano i medici di base a seguire il percorso di analisi preventive per lavoratori esposti a questo tipo di materiali”.
Tra gli intervenuti al tavolo d’informazione e denuncia anche il presidente del patronato ACLI, Cosimo Giumentaro, che ha rinnovato la disponibilità del patronato a proseguire la sua opera di sostegno ai lavoratori e ad ospitare delle tavole di discussione su tali temi.
Molti interventi di manifestazione d’interesse dal pubblico intervenuto.

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