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BRINDISI, Il “Leonardo inedito” di Riccardo Magnani: Presentazione del volume “La missione segreta di Leonardo da Vinci” – IoSonoEdizioni .

Presso la libreria “Feltrinelli” di Brindisi Riccardo Magnani, uno dei piú solerti studiosi di Leonardo da Vinci, ha voluto attraversare, insieme ad un folto ed eterogeneo pubblico, il denso velo della leggenda del genio rinascimentale offrendo, da par suo, un ritratto affascinante e non convenzionale del grande artista e scienziato fiorentino e della sua opera.


Quello di Magnani, economista con la passione per la storia, l’archeologia e la ricerca delle opere di Leonardo Da Vinci, non è un romanzo, né pare voler abbracciare il sensazionalismo o la eccessiva semplificazione di argomenti complessi che hanno impegnato molti autori e critici in studi attenti e laboriosi, non porta con sé il senso di una mera sfida all’autorità ed alle idee comunemente accettate, o tramandate dalla tradizione accademica.

Considerato un esperto nella valutazione dei tratti più inconsueti dei lavori del genio, come evidenziato dalla prolusione del giornalista Salvatore Vetrugno e dalle parole del titolare della Casa editrice, Magnani si é impegnato a tradurre in termini di scrittura l’enorme bagaglio culturale nascosto nelle opere di Leonardo, estrapolandone i concetti salienti al fine di garantire un’autentica divulgazione della verità. Perché, come lo stesso autore ribadisce, citando il Genio, “..nessuna cosa si può amare, né odiare, se prima non si ha cognizion di quella”.
Partendo dall’analisi dei dettagli contenuti nei quadri più famosi del Rinascimento, nel suo “La Missione Segreta di Leonardo Da Vinci”, edito da IoSonoEdizioni, il primo volume di una Trilogia dedicata a Leonardo Da Vinci, Riccardo Magnani ci narra di due viaggi, quello verso l’America promosso da Lorenzo il Magnifico almeno 50 anni prima della data ufficiale della sua scoperta e quello di un giovane Leonardo che, bambino dell’età di circa sette anni, raffigurato mentre legge Cicerone nell’unico affresco rimasto della sede del palazzo del Banco Mediceo di Milano, parte da Firenze verso il Teglio, in Lombardia, per custodire in un luogo sicuro una conoscenza segreta giunta dal Medio Oriente per mezzo di Gemisto Pletone.
Se sino ad oggi non avevamo nutrito dubbio alcuno sul fatto che il 12 ottobre 1492 Cristoforo Colombo abbia scoperto il nuovo mondo, chiamato America, è perché probabilmente non avevamo mai osservato che in un affresco del 1451 di Piero Della Francesca, conservato nel Palazzo Malatestiano di Rimini, che ritrae Sigismondo Pandolfo Malatesta in preghiera davanti a San Sigismondo, è raffigurata l’America del Nord con ben distinguibili la Florida e il golfo del Messico, lo stesso costituendo dunque la prima rappresentazione moderna del continente americano (“una rappresentazione precisa, quasi satellitare” evidenzia Magnani).
Ma nemmeno conoscevamo che, nel ciclo di affreschi del 1459 della Cappella dei Magi di Benozzo Gozzoli a Palazzo Medici Riccardi a Firenze sono raffigurati un re inca, un giaguaro, animale descritto ufficialmente solo nel 1560 dall’esploratore Coronado (che s’imbatté in questa specie in quella zona ora chiamata Nuovo Messico) e un cervo dei pantani, uno delle più grandi specie di cervo presente in Sud America.
Persino nel dipinto “La Nascita di Venere” il Botticelli ci consegna una mappa del mondo anteriore alla presunta scoperta di Cristoforo Colombo, poiché nei veli della donna sono raffigurati tutti e cinque i continenti.
Nel planisfero di Leonardo conservato a Palazzo Besta in Treglio, in Valtellina, dipinto tra il 1459 ed il 1469, sostiene ancora Magnani, si può apprezzare l’accostamento con la Terra Australis, disegnata in calce allo stesso e recante la scritta incisa “Terra Australis anno 1459 sed non dum plena cognita”.
Inoltre, nella raffigurazione che il Pinturicchio fece della convocazione del Concilio di Mantova convocato da Pio II nel 1459, in un affresco della libreria Piccolomini presso il Duomo di Siena, si osservano sullo sfondo tre caravelle che hanno mollato gli ormeggi.
Ma le curiosità potrebbero continuare, se è vero che le tre sorelle di Lorenzo de’ Medici si chiamavano sì Nannina, Bianca e Maria, ma i loro soprannomi erano, rispettivamente, Nina, Pinta (per via del privilegio di un paio di dipinti in cui Botticelli la ritrasse) e Santa (in quanto madre di Luigi de’ Rossi, cardinale fedelissimo di Papa Leone X).
Interessanti anche i dettagli contenuti nella Cappella dei Magi, noto ciclo di affreschi ospitato all’interno di Palazzo Medici Riccardi a Firenze, capolavoro del fiorentino Benozzo Gozzoli realizzata, guarda caso, ancora nel 1459. L’opera raffigura la cavalcata dei Magi, pretesto scenico per rappresentare il corteo di personalità che giunse da Ferrara a Firenze in occasione del Concilio del 1438-1439, occasione nella quale i Medici poterono presiedere al tentativo di riunificazione tra chiesa latina e quella bizantina. In questo ciclo di affreschi compare per la prima volta un giovanissimo Leonardo da Vinci, ritratto, come dice Magnani, in un ideale passaggio di consegne con Gemisto Pletone, dal quale viene seminascosto.

Queste scoperte riscrivono la storia del Rinascimento: Leonardo Da Vinci, prodigio di precocissima intelligenza istruito a tale missione, fu chiamato a compiere un viaggio per impedire che le antiche e profonde verità sulla vita, su Dio e sull’uomo giunte a Firenze all’inizio del Quattrocento non andassero perdute ma anzi fosse preservata l’antica conoscenza che guidò Cosimo de’ Medici al tentativo di riunificare, attraverso il Concilio, la Chiesa d’Occidente con quella d’Oriente. Leonardo compì l’impresa, a dir di Magnani, riuscendo a nasconderle in un luogo sicuro ed a trasmetterle attraverso le sue opere a chi avesse avuto le chiavi per interpretarle.
Riccardo Magnani ritiene di aver trovato le chiavi che danno accesso a quelle stanze e ricostruisce il viaggio che un giovane Leonardo da Vinci, all’epoca poco più che settenne, compì in gran segreto negli anni attorno al 1459, tra Lecco, i monti che la contornano, il lago, fino in Valtellina, per adempiere alla missione ricevuta dai Medici di concerto con gli alleati del tempo, gli Sforza, al fine di depositare questo antico sapere nell’inaccessibile e protetta Valtellina.
In tutta le sue opere pittoriche, secondo l’autore, Leonardo osserva richiami paesaggistici dei luoghi attraversati nel suo misterioso viaggio. Così è nella rappresentazione, attribuita da Magnani a Leonardo, della “Sala della Creazione” a Palazzo Besta a Teglio, in Valtellina, dove è anche custodito il planisfero, che raffigurerebbe la terra dopo il diluvio universale (“ecco parte della conoscenza da preservare”, dice ancora Magnani).
Ne “L’annunciazione”, dipinto ad olio e tempera attribuito a Leonardo e datato tra il 1472 ed il 1475, conservato nella Galleria degli Uffizi di Firenze, nello sfondo, oltre il muretto, si vedono un fiume con anse e barche, oltre a montagne punteggiate da torri e alberi, identificabili secondo Magnani come il Monte San Martino, definito il monte di Lecco, i luoghi dove la conoscenza, a dir di Magnani, è stata depositata.
La città di Lecco è la più rappresentata nei quadri del Rinascimento. Chi, sulle orme di Leonardo, doveva raccogliere, preservare l’esistenza e tramandare la conoscenza, svelando all’umanità nuovi tasselli della sua Storia, affinché potesse far tesoro dell’esperienza maturata e trasformarla in consapevolezza, ha adempiuto al suo compito, secondo Riccardo Magnani. Nell’opera di Raffaello, Perugino, del Ghirlandaio e del Pinturicchio, di Bosch, Poussin e Kircher, questi percorsi di conoscenza appaiono già tracciati, in omaggio e richiamo a ciò che Leonardo giunse a depositare in una dimora Valtellinese, a Teglio, ovvero la Musica, colonna sonora portante dell’Universo intero. Leonardo la cela persino nell’Ultima Cena a Milano ed “è molto più che una semplice Sinfonia ma un vero e proprio trattato di Fisica dei quanti, descritta già da Platone nel Timeo e motivo per cui si suole (erroneamente) identificare Leonardo da Vinci al centro del celeberrimo affresco della Scuola di Atene di Raffaello”.
Magnani dimostra come il genio fiorentino nascose nelle sue opere partiture musicali che svelano i segreti dell’universo: non una musica qualunque, perciò, ma la “musica delle sfere”, non nel senso letterale di mero fenomeno acustico, ma piuttosto di armonia (matematica ma anche filosofico-religiosa), di cui Leonardo è soprattutto il principale traduttore, come osserva Magnani.
Questa e le altre scoperte hanno permesso all’autore di accedere alla chiave di lettura di tutta l’arte rinascimentale e, attraverso due coordinate imprescindibili, ovvero musica e rilievi montuosi, di ricostruire il tragitto che la Conoscenza percorse anche attraverso gli anni bui del Rinascimento, in cui le Inquisizioni e i movimenti Protestanti di Lutero ebbero a caratterizzarne la trasmissione attraverso le opere artistiche.
Lo spirito del libro, ha concluso l’autore, è soprattutto quello di fornire una chiave di lettura diversa da quella accademica e tradizionale, che consenta di principiare un viaggio verso l’ignoto fuori dai dogmi “che tendono a virtualizzare la realtà”.
Uno sforzo – ne siamo certi – che non mancherà di suscitare interesse e clamore.

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